La storia è la nostra memoria vivente: senza memoria non c’è futuro.

Il libro in una frase
La bambina che parlava alla luna è innanzitutto un invito alla memoria. Per tanti, molti anni si è cercato di cancellare questa memoria ma grandi uomini e grandi donne hanno portato alla luce quanto è accaduto, raccontando e rivivendo momenti strazianti della propria esistenza nelle aule dei tribunali, nelle scuole davanti ai giovani, tra le pagine di un libro. Nostro dovere è ricordare e raccontare, per loro e per noi. La storia è la nostra memoria vivente: senza memoria non c’è futuro.
Amici di scaffale
La bambina che parlava alla luna ha tanti amici di scaffale, opere che i lettori italiani ben conoscono. Questa mia prima opera è in buona compagnia, figlia minore di tanti illustri genitori letterari: Il partigiano Jhonny (Beppe Fenoglio), La ragazza di Bube (Carlo Cassola), L’uomo che verrà (Giorgio Diritti), Io ho visto (Vittorio Buffa), Se questo è un uomo (Primo Levi). Figlia anche di molti altri romanzi, con tematiche diverse, che mi hanno accompagnato nel corso della mia formazione narrativa: La casa degli spiriti (Allende), I Malavoglia (Verga), Fontamara (Silone) e tanti altri ancora. Mi appassiono ai libri che leggo – che ci posso fare? – e ognuno di essi mi lascia un tratto nel cuore.
Segni particolari
Una lacrima gli scende lungo la guancia. Non la asciuga. La tiene lì. Gli fa compagnia.
Le spalle esili, delicate di sua moglie tremano. Si abbassa e le posa un bacio leggero sulla testa, laddove tra i pochi capelli si intravede una cicatrice ormai bianca.
I resti di Ca’ Rosetta non ci sono più, sono stati rimossi molti anni prima. Lui avrebbe preferito fossero ancora lì, come monito, avvertimento. Al loro posto si erge una stele che punta dritta verso il cielo.
Non hanno bisogno di leggere i nomi incisi sull’epigrafe.
Li conoscono a memoria quei settantatre nomi.
Tutti, dal primo all’ultimo.
Settantatre anime.
Settantatre mignole nel vento.
Tag 
Seconda guerra mondiale, stragi nazi-fasciste, partigiani, ANPI, Toscana, duce, innocenza, amicizia, rappresaglia, Linea Gotica, Resistenza, tedeschi.
Dove e quando
Lungo la Linea Gotica, Appennino toscano, un paesino dell’entroterra, esattamente dove vi pare, concorderete che non è questo l’importante. 
Quando? Durante la seconda guerra mondiale. 
Ma non fossilizziamoci, guardiamo oltre. Volete? Potremmo essere anche in Palestina, Egitto, Mali, Malesia, Repubblica democratica del Congo, Somalia, Sudan, Afghanista, Filippine, Pakistan, Tahilandia, Iraq, Siria, Yemen, Colombia, Messico. 
Impossibile menzionare tutti i luoghi del mondo dove i conflitti generano crudeltà, distruzione e morte. Ogni elenco è sempre transitorio e incompleto.
Come e perché ho deciso di partecipare a IoScrittore
Settembre 2012: Nunzia è appena rientrata da una settimana di vacanza trascorsa nell’entroterra toscano, precisamente in Val d’Orcia, con la sua famiglia: Dennis, suo marito, e Martin e Thomas, i suoi figli.
È pomeriggio e nel salotto di casa Nunzia e Dennis programmano gli impegni a venire: la ripresa della scuola per i figli, le cose da comprare, le spese da pagare, ma Nunzia all’improvviso si zittisce. Dennis sa bene che cosa le passa per la testa: sua moglie è di nuovo a spasso, il suo ennesimo contratto di lavoro è scaduto, ancora una volta dovrà rimettersi a cercare lavoro. 
«Perché tra l’invio di un curriculum e l’altro non ti metti a scrivere?»
Nunzia lo guarda sbigottita, poi a muso duro gli risponde: «Io non scrivo, leggo!»
Ma Dennis non desiste, pur sapendo che rischia lo scontro. «Provaci, che ti costa? Magari ci riesci e ti piace.»
Nunzia, soffocando una rispostaccia, non lo degna di uno sguardo: lei ha ben altre preoccupazioni, loro due hanno ben altre preoccupazioni.
Un mese dopo Nunzia, di nascosto, inizia a scrivere. Un anno e mezzo dopo, dai ringraziamenti letti nel libro di Valentina D’Urbano, Acquanera, viene a sapere del Torneo Letterario Ioscrittore. Il resto è storia di oggi.

Acquista subito l’ebook “La bambina che parlava alla Luna” di Nunzia Volpe

“La bambina che parlava alla luna”: da IoScrittore all’e-book

Giugno 1944. A Orcignano, pacifico borgo della campagna toscana, la vita scorre assecondando i ritmi della natura, dominata da Ca’ Rosetta, la tenuta dei Gervasi, ricchi proprietari terrieri fedeli al Duce. Gli uomini di Orcignano sono nodosi e forti, hanno radici profonde, attaccati a una terra che alla Patria ha sacrificato i giovani migliori, come Cosimo, fratello della piccola Maria, la quale, dalla partenza del fratello, non sorride più e la sera si rifugia sul vecchio ulivo dietro casa. In paese è rimasto Mauro, vedovo, con il figlio Antonio, poco più d’un ragazzo; Rosa, l’unica maestra di Orcignano, figlia di Giulio Gervasi, di cui lei non capisce né condivide le scelte; Angelo, il ragazzino che non riesce a far a meno di stuzzicare la piccola Maria, e poi le donne e i gli altri bambini, intenti a vivere con i tempi e i ritmi delle generazioni precedenti. Nel giugno del 1944, però, il Male, nelle vesti nere di un drappello di SS alla ricerca di partigiani da stanare, irrompe nella piccola comunità montana con il grido rabbioso della rappresaglia e col sangue degli innocenti sparso in terra, sotto lo sguardo subdolo di chi ha tradito.

E’ la trama de La bambina che parlava alla luna, il romanzo di Nunzia Volpe, vincitrice della quinta edizione di IoScrittore.

L’e-book, disponibile in tutti i principali store online, è il secondo premiato dal torneo letterario del gruppo Gruppo editoriale Mauri Spagnol.

Quello di Nunzia Volpe è un romanzo corale che ci restituisce la vita del mondo contadino prima che la catastrofe della Seconda guerra mondiale.

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Fonte: www.illibraio.it

Conquistare dalla prima pagina: 4 domande a Clara Sánchez, la grande scrittrice di libri bestseller

Clara Sánchez, incipit Le mille luci del mattino
Se quel giorno non fossi entrata nella Torre di Vetro, probabilmente non sarebbe successo niente di tutto questo.
Nessuno sarebbe morto, nessuno avrebbe perso la testa e i segreti sarebbero rimasti sotto chiave nei loro scrigni. Ma a volte si sente che è necessario intervenire nella vita degli altri e altre volte, per quanto non lo si voglia, si interviene comunque.
La Torre di Vetro assomiglia molto a un edificio che, per circa due anni, è stato in costruzione di fronte a casa mia. Ho passato così tante ore contemplando le gigantesche gru e le pale degli escavatori, che conosco la profondità delle sue fondamenta e tutti i tipi di travi. Potrei descrivere uno per uno gli operai neri che intrecciavano laboriosamente i ferri con cui coprivano il suolo prima di riempirli di cemento. E quelli che, vestiti di color cachi e con i caschi bianchi, davano l’impressione di essere a un safari. E le assistenti dell’architetto, tanto magre e flessuose che, quando il vento faceva svolazzare le grandi planimetrie che avevano tra le mani, sembravano sollevarsi di qualche centimetro sui ferri intrecciati.
Non ho mai più rivisto gru come quelle. Giravano sopra i palazzi e gli alberi dei dintorni con i bracci tesi, immergendo le proprie terminazioni nei raggi del sole, e per questo finivano per essere le braccia più lunghe e indistruttibili che si fossero mai aperte davanti a me. E mentre perdevo pateticamente tempo pensando a questo e al fatto che avrei dovuto scrivere un romanzo, il risultato era che, in un certo senso, lo stavo già facendo.
 
Clara Sánchez vive a Madrid. Già autrice di romanzi inediti e vincitrice del premio Alfaguara con Il profumo delle foglie di limone, successo da oltre 1 milione di copie vendute soltanto in Italia, ha raggiunto la fama mondiale. Le mille luci del mattino è il suo ultimo romanzo.
 
Perché hai iniziato così?

Quando ho iniziato a scrivere Le mille luci del mattino avevo in mente un’immagine: la torre di Windsor, uno dei primi grattacieli costruiti a Madrid che prese fuoco e venne distrutto poco dopo aver terminato il romanzo. La torre di cristallo, l’edificio in cui Emma lavora, è un vero e proprio personaggio del romanzo. È il simbolo di quei posti in cui si decide la Storia, luoghi che sono stati l’emblema dello splendore e in un secondo momento l’evidenza della crisi. Edifici che paiono castelli costruiti nell’aria.

Qual è l’effetto che vuoi creare nel lettore?
Spero di essere riuscita a divertirlo, perché è il romanzo più ricco di senso dell’umorismo di tutti quelli che ho scritto. E vorrei che provasse empatia e solidarietà verso coloro che ogni giorno sopravvivono a lavoro senza impazzire.

Quante volte l’hai riscritto?
Ho lavorato molto sulla struttura, perché tutti i personaggi hanno delle storie complesse e anche i legami tra di loro hanno sullo sfondo qualcosa di misterioso che il lettore dovrà scoprire.
Mi sono divertita a scrivere questo romanzo, ma non è stato facile perché il motore della storia non doveva fare troppo rumore. In un certo senso questo romanzo mi ricorda il film La finestra sul cortile di Hitchcock, in cui colui che narra sa che quello che sta vedendo dalla finestra nasconde molto di più. 

È funzionale all’intreccio o all’atmosfera?
L’intreccio e l’atmosfera sono inseparabili. L’atmosfera di un romanzo è costituita dai desideri, dall’amore, dal senso di fallimento, dalla paura, dall’insicurezza, che abitano le anime dei personaggi, nello stesso modo in cui l’atmosfera che respiriamo è composta di gas, vapore, acqua, insetti, particelle di polline e polvere.

Conquistare dalla prima pagina: 4 domande a Glenn Cooper, un grande autore di libri bestseller

Dannati di Glenn Cooper

Glenn Cooper, incipit Dannati
Emily sentì un rumore di passi alle proprie spalle. Prima di affrontare la minaccia, tese i muscoli, prese fiato ed espirò con forza. Quando si voltò, vide un uomo armato di coltello. Sin dall’infanzia, le avevano insegnato a fuggire di fronte al pericolo, ma in quel momento non aveva scelta. L’aggressore, ormai a meno di cinquanta centimetri di distanza, stava per affondare il colpo. L’addestramento la fece agire d’istinto. Deviò la traiettoria dell’arma con un secco movimento laterale del braccio sinistro, colpì l’aggressore alla gola con la base del palmo della mano destra e gli sferrò un calcio all’inguine. Quando l’uomo si accartocciò a terra, con un altro calcio Emily fece volare via il coltello che lui ancora stringeva nella mano. Solo allora scappò. La stanza riecheggiò di applausi e urla di approvazione.
«È cosi che si fa, signore e signori. Questo e il krav maga», disse John Camp, alzando la voce roca per farsi sentire in quel baccano. «Ottimo lavoro, dottoressa Loughty. Avete visto come si è difesa e ha contrattaccato allo stesso tempo? È questo che dovete imparare a fare.» 
Emily accettò con un inchino gli elogi e sorrise quando John le diede una pacca discreta sul sedere. Poi prese posto tra gli altri allievi, mentre l’istruttore si sistemava l’imbottitura protettiva per la dimostrazione successiva.
 
Glenn Cooper rappresenta uno straordinario caso di self-made man. Dopo essersi laureato col massimo dei voti in Archeologia a Harvard, ha scelto di conseguire un dottorato in Medicina. È stato presidente e amministratore delegato della più importante industria di biotecnologie del Massachusetts ma, a dimostrazione della sua versatilità, è diventato poi sceneggiatore e produttore cinematografico. Grazie al clamoroso successo della trilogia della Biblioteca dei Morti e dei romanzi successivi, si è imposto anche come autore di bestseller internazionali.
 
Perché hai iniziato il libro in questo modo?
Dannati è un thriller che prende avvio da una premessa azzardata, ovvero: che cosa succederebbe se esistesse un portale per un’altra dimensione, e questa dimensione fosse l’Inferno? Ovviamente una storia come questa ha bisogno di un presupposto verosimile che spieghi l’origine del portale. Perciò il mio libro comincia il giorno in cui entra in funzione un immaginario acceleratore di particelle, ancora più potente di quello di Ginevra. E il motore della storia prende avvio dalla decisione sconsiderata di superare i limiti di energia fissati per l’esperimento. Ma ovviamente il primo capitolo è anche il momento in cui si presentano i personaggi principali, in questo caso Emily Loughty, una ricercatrice fisica, e John Camp, il capo della sicurezza del laboratorio.
 
Quali reazioni volevi suscitare? Un pensiero particolare, un’emozione, curiosità?
Nei miei libri, mi piace esplorare temi filosofici o religiosi che suscitano grande interesse. Con Dannati, ho voluto riflettere sulle conseguenze del Male e sull’Inferno, che in fondo non è altro che la rappresentazione archetipica del Male. La reazione che cerco di suscitare, sia con questo libro e sia gli altri miei romanzi, è quella di stimolare una riflessione e allo stesso tempo offrire una storia emozionante e piena di suspense.
 
Quante volte hai scritto l’incipit di questo libro?
Credo mi abbia soddisfatto sin dalla prima stesura. 
 
Hai un consiglio particolare per un aspirante scrittore?
Innanzi tutto, prendete la buona abitudine di esercitarvi. È importante scrivere ogni giorno, per affinare lo stile e sviluppare un metodo di lavoro efficace. Leggete molto, studiate a fondo i vostri autori preferiti e provate a emularli. Ma soprattutto non arrendetevi. È un lavoro duro, ma bello.

5 errori da evitare assolutamente se vuoi pubblicare un tuo libro

Scrivere un libro e farselo pubblicare gratis è difficile. Lo sanno bene tutti gli scrittori al loro primo manoscritto. Si stima siano 1.400.000 i libri pubblicati ogni anno, ma almeno 10 volte in più quelli scartati: la competizione è altissima.
Che errori bisogna assolutamente evitare se si vuole vedere il proprio manoscritto diventare un vero e proprio libro, pubblicato possibilmente da un editore serio, affidabile e ben distribuito?” Noi della redazione di IoScrittore lo abbiamo chiesto a un’autrice “perfetta”.
Perfetta perché il suo primo romanzo è stato un vero caso editoriale, pubblicato da un’importante casa editrice (Garzanti) con il titolo L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome. E perfetta perché nella vita lavora per una piccola casa editrice. Insomma, Alice Basso conosce le difficoltà di chi scrive ma anche i problemi di chi deve scegliere e valutare un manoscritto. Qui la sua biografia.

 

Ecco i 5 errori da evitare assolutamente:

 

1. Aspettare a inviarlo fino a che lo riterrai perfetto
Tanto non accadrà. Mai. Finirai l’ultima, ultimissima revisione, andrai a dormire gioioso, convinto di avere prodotto non dico il Grande Romanzo Moderno ma un lavoro decisamente valido, ti forzerai a metterlo da parte per un po’ per poter effettuare con occhio fresco un’ultima rilettura “giusto per precauzione”; dopo una settimana lo riprenderai in mano e troverai decine di cose da cambiare. Per pagina. E tutto questo si ripeterà N volte. A un certo punto devi farti coraggio e buttare il tuo manoscritto nel grande mondo là fuori così com’è. Primo passo: i proof reader.

 

2. Saltare i proof reader
A volte si hanno le palle per far leggere il proprio libro a un editore sconosciuto ma non a qualcuno che potrebbe davvero dirci in faccia cosa ne pensa. Il problema è che poi, quando arriva il giudizio dell’editore, se non sei preparato rischi di finire schiantato come una betulla sotto un fulmine, e rimpiangi che nessuno ti abbia avvertito prima.
Scegliti gente giusta a cui sottoporre il tuo libro, magari che scriva a sua volta, perché nessun aspirante scrittore sa resistere alla tentazione di scovare «da amico, eh» i difetti nell’opera di un concorrente. Il fastidio nel sentirti fare le pulci da «Aldo, che avrà pubblicato un racconto sul giornale dell’oratorio ma si sente Tom Wolfe» sarà insopportabile, ma ti consentirà di presentare all’editore un lavoro sempre più a prova di bomba.

 

3. Provarci indiscriminatamente con tutti gli editori
Gli editori, proprio come le donne, hanno il loro carattere, i loro gusti, le loro visioni della vita. Se vuoi avere una relazione appagante, difficile che ti basti entrare in un locale e provarci con tutte usando sempre la stessa strategia. Anche perché potrebbe starci la più disperata, e quella davvero giusta non avere mai l’occasione di conoscerti, solo perché la sfigatella era appostata appena dietro di te al bancone del bar e l’altra in fondo alla sala, impegnata a respingere le avances di altri scapoli. Studia gli editori, le loro collane, gli autori che spingono di più. Trova quelli più vicini al tuo gusto e presentati facendo leva su queste affinità. Sarai più considerato e ti risparmierai qualche due di picche. E, se non ti senti in grado, ci sono gli agenti per questo.

 

4. Trascurare la lettera di presentazione
Una volta mi è arrivata una proposta editoriale accompagnata da un biglietto che diceva soltanto: «Fidatevi: sono da pubblicare». Molte altre volte, ho chiesto ad aspiranti autori di presentarmi il loro libro e la risposta è stata: «Mah… difficile riassumere così… È un libro molto particolare…» Sii umile, vieni incontro al valutatore. Per convincere noi lettori a comprare un libro, l’editore si sbatte a scrivere un retro di copertina grazie al quale possiamo farcene un’idea. Perché noi dovremmo pretendere che un editore, al quale arrivano tsunami di manoscritti al mese, si legga il nostro dall’inizio alla fine solo perché gli abbiamo assicurato che è “molto particolare” e “da pubblicare”? Se non sai presentare il tuo libro, forse il tuo libro non ha un’identità così forte.

 

5. Rifiutare che venga ritoccato
Poi un editore ti prende il manoscritto!, e però ti comunica che c’è ancora un po’ di lavoro da fare. L’idea è buona, i personaggi anche, ma ci sono un paio di scene deboli e il finale è deludente. A questo punto hai due possibilità: 1) decidere che in casa editrice sono un branco di falliti incompetenti che mettono becco sul tuo romanzo perfettamente congegnato perché è noto che chi non sa fare critica il lavoro altrui, o 2) pensare che in casa editrice conoscono il loro lavoro e sono dalla tua stessa parte, dato che hanno interesse a mettere sul mercato un buon libro che porterà anche il loro marchio. Se hai beccato un editore che effettivamente stimi, come detto sopra, la 2 viene più facile.

Vuoi pubblicare un libro con un grande editore? Iscriviti a IoScrittore.

IoScrittore è l’unico Torneo Letterario gratuito organizzato da 12 grandi case editrici alla ricerca di nuovi talenti da pubblicare.

 

Alice Basso Chi è Alice Basso
Alice Basso è nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Lavora in una casa editrice. Nel tempo libero canta in una band di rock acustico per cui scrive anche i testi delle canzoni. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.
L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome è il suo primo romanzo. La critica lo ha definito un “debutto fulminante” per la trama dalle mille anime: una finestra sul mondo dei libri e sui suoi segreti, un’indagine insolita e una storia d’amore imprevedibile. Il suo secondo libro, pubblicato a maggio 2016, si intitola Scrivere è un mestiere pericoloso. Entrambi i suoi libri sono pubblicati da Garzanti, editore di grandi scrittori bestseller come Andrea Vitali, Clara Sánchez, Vito Mancuso, Joanne Harris…

Tre consigli per scrivere un romanzo

di Christian Frascella
1. Leggere
Leggere tanto, di continuo, in ogni posto che lo permetta (code alla posta, viaggi in treno o aereo, quando s’aspetta che la moglie trovi le chiavi nella borsetta ecc.) Non esiste altro modo per imparare a scrivere come si deve. Leggendo ci si confronta con la grandezza e l’inarrivabilità dei grandi autori, che comunque possono insegnare qualcosa persino a delle nullità scriventi come noi; ma si fanno i conti anche con la mediocrità, col libro che non vale niente e che pure scala le classifiche; questi sono i testi migliori, perché ti fanno dire: «Se questa roba ha trovato un editore e migliaia di lettori, allora posso riuscirci anch’io!» Sono momenti epifanici, credetemi. Perciò leggete, amate e disprezzate; poi scrivete partendo da ciò che avete appena imparato.
2. Scrivere
Se non scrivete, come potete anche solo immaginare di poter pubblicare, di poter rendere la scrittura la vostra amica e la vostra giudice? In giro è pieno di scrittori autodefinitisi tali che non scrivono. Se ne stanno sempre a parlare di cosa scriveranno, di come lo faranno, delle miriadi di persone che adoreranno ogni loro frase. Mai una parola sul quando. Quando scriverai tutte queste benedette cartelle? «Vedrai» ti dicono, «vedrai». State lontani da certa gente. Bisogna scrivere un po’ tutti i giorni, come facevano Steinbeck o Karen Blixen. Oppure ritagliarvi un mese o due nel corso di un anno nei quali per quattro, otto, dieci ore al giorno non farete altro che scrivere (è il mio sistema, ma anche quello di Stephen King, per dirne uno). Scrivete. Non dite che scriverete presto. Scrivete oggi.
3. Non scrivete per i soldi
Sono ben pochi gli autori che in Italia possono permettersi di fare gli scrittori e di essere ben pagati per farlo. Quando scrivete non pensate alle classifiche: pensate alla qualità della vostra storia, o al divertimento che un potenziale lettore potrà trovare grazie a essa. Dimenticatevi di Camilleri e Carofiglio, con molta probabilità non vi troverete mai a vivere come loro. Concentratevi sulla scrittura, sul piacere che essa può darvi in un’epoca in cui tutti i piaceri sono sintetici o anestetici. Pensate al libro che state scrivendo, non al conto in banca che rimpinguerete con esso. Raccontate storie. E scordate tutto il resto.

Christian Frascella è nato a Torino nel 1973. Dopo svariati lavori – ma anche non facendo assolutamente nulla – ha deciso di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno ed è perciò diventato, come ama definirsi, «un onesto mestierante della parola». Ha pubblicato “Mia sorella è una foca monaca” (Fazi, 2009), “Sette piccoli sospetti” (Fazi, 2010), “La sfuriata di Bet” (Einaudi, 2011), “Il panico quotidiano” (Einaudi, 2013). Il suo ultimo romanzo, da poco in libreria, è “La cosa più incredibile”. I suoi libri sono stati tradotti in Germania, Francia, Spagna e Olanda. Vive a Roma.