Mese: Dicembre 2014
Il vincitore della quinta edizione di IoScrittore in libreria con Tea
Sarà pubblicato da Tea Acque morte di Michele Catozzi, il romanzo vincitore della quinta edizione di IoScrittore, torneo letterario gratuito promosso dal Gruppo Editoriale Mauri Spagnol. E mentre nel 2015 saranno pubblicati i 9 ebook vincitori di quest’anno, sono aperte le iscrizioni alla nuova edizione, che premierà dieci romanzi con la pubblicazione in formato e-book nel corso del 2016. Un romanzo sarà pubblicato anche in formato cartaceo.
A oggi sono già più di mille gli aspiranti autori preiscritti, per un’edizione che si prefigura come la più partecipata nella storia del torneo. Il regolamento è disponibile sul sito di IoScrittore. Le iscrizioni sono attive, sempre dal sito di IoScrittore, qui.
Io Scrittore, che ha ottenuto il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, ha oggi una storia lunga cinque anni che può essere riassunta dai suoi numeri:
10.459 romanzi partecipanti
100.625 giudizi prodotti dalla community
87 ebook pubblicati
10 libri pubblicati e 1 in pubblicazione
I partner di IoScrittore sono IBS.it, IlLibraio.it, il nuovo sito dell’unica rivista italiana gratuita dedicata ai libri e a chi ama leggere; IED, scuola internazionale di Design, Moda, Arti Visive e Management; MSN, il sito di attualità di Microsoft che con la propria offerta di contenuti editoriali contribuisce al successo del primo network in Italia; Pubblicità Progresso, la Fondazione privata senza fini di lucro nata nel 1971 come espressione del senso di responsabilità del mondo della comunicazione nei confronti del pubblico interesse; Vanity Fair, il settimanale italiano di costume, cultura e moda, appartenente a Condé Nast, prestigioso gruppo multimedia internazionale; WUZ, il social network dei libri tutto italiano.
Fonte: www.illibraio.it
QUINTA PUNTATA – Le favole che hanno cresciuto Patricia Cornwell
Il rapporto con la narrativa di Patricia Cronwell è iniziato molti anni prima di arrivare alla creazione del popolarissimo personaggio di Kay Scarpetta. È nato dalla passione per le favole, i racconti neri e tutto ciò che può sembrare inaspettato. Un rapporto con la narrativa per l’infanzia che l’ha in qualche modo condizionata per sempre.
Da bambina, al contrario di quello che potreste immaginarvi, visto i romanzi che scrivo, non leggevo storie terribili e piene di ossessioni ma favole. Avventure ricche di magia e immaginazione come quelle dei fratelli Grimm, dove magari veniva messo al centro il tema del male e della violenza attraverso le figure di terribili streghe ma che regalavano al contempo stupore, evasione e fantasia a una bimba come me. In molti di quei racconti però era sicuramente forte l’elemento della suspense. Inoltre, ho cominciato presto ad appassionarmi a libri non di fiction ma che parlavano di archeologia. Mi divertivo a leggere le ricostruzioni della scoperta di Troia e di altri siti antichi di quel tipo. Le scienze forensi curiosamente sono molto vicine all’archeologia e ne hanno preso a modello il sistema di ricerca. Gli anatomopatologi ricostruiscono l’identità di un cadavere, la sua provenienza così come gli archeologi individuano un terreno e analizzano i resti di un’antica civiltà”.
Per me scrivere è stato una necessità più che una scelta consapevole. Sin dall’età in cui sono riuscita a tenere in mano una penna ho sentito che non potevo farne a meno e ho cominciato a buttare giù dei testi. Ero piccolissima ma scrivevo già delle microstorie che illustravo io stessa. Una volta terminate spesso realizzavo anche una bella copertina di cuoio per personalizzare ancora di più i miei piccoli libri. Giravo spesso con un taccuino per gli appunti dove raccoglievo, ricordi, frasi storie che portavo sempre con me. Ma è stato solo quando sono andata al College che ho potuto avere consapevolezza che la scrittura mi dava così tanto, anche se certamente non potevo ipotizzare che sarebbe diventata per me un mestiere. Mi piaceva molto scrivere e dall’altra parte sapevo che diventare scrittori poteva essere un salto nel vuoto ma ho scelto di farlo ed è stato un ottimo investimento.
Fin da piccola tutti i miei racconti iniziavano con l’espressione “d’un tratto” e questo perché ogni volta mi piaceva sottolineare come qualcosa di fantastico, sconvolgente e tenebroso potesse irrompere nella normalità. Mi immaginavo sempre qualcosa di spaventoso che saltava fuori dall’ombra e dall’oscurità e cambiava il corso degli eventi dando sapore a quello che stavo scrivendo. Questa mia passione mi ha portato dopo il College a intraprendere la carriera di giornalista e in particolare mi ha spinto ad occuparmi di cronaca nera. Ho scoperto così in prima persona il nostro sistema giudiziario, l’organizzazione della polizia, le scienze forensi. E a quel punto mi sono accorta non solo di avere una propensione personale verso certe tematiche ma mi sono trovata ad avere competenze specifiche nel mondo delle indagini sui crimini e da qui è stato naturale per me scegliere la via del thriller.
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Kathy Reichs e la passione per l’archeologia
Luca Crovi è critico, conduttore per nove anni della trasmissione Tutti i colori del giallo in onda su Radiodue e autore, tra i numerosi libri che ha scritto, di Noir – Istruzioni per l’uso.
QUARTA PUNTATA – Kathy Reichs e la passione per l’archeologia
In maniera curiosa ha iniziato a scrivere anche Kathy Reichs la creatice del medico forense Temperance Brennan che ha ispirato la fortunata serie televisiva “Bones”. Lei stessa ammette di non avere scelto volontariamente di diventare prima un’anatomopatologa e poi una scrittrice di thriller. E sostiene che vi è molta affinità fra il suo mestiere e quello degli archeologi con i quali condivide la stessa passione per i misteri da svelare.
Ho studiato per diventare bioarcheologa: mi dedicavo felicemente agli scheletri antichi e lavoravo in Università ma, siccome l’antropologia forense non era ancora formalizzata come specialità e io di fatto studiavo gli scheletri antichi, cominciò a succedere che la polizia mi portasse da esaminare delle ossa di casi sospetti. Iniziai così a lavorare per il coroner, il medico legale, e decisi che mi interessava. Feci nuovi corsi e mi specializzai in antropologia forense…”.
Nel 1994, diventata professore ordinario, mi sono accorta che l’antropologia forense era ancora una scienza poco nota e, dopo aver scritto molti testi scientifici sull’argomento, ho deciso che poteva essere divertente provare con la fiction, e far conoscere a un più ampio numero di persone il mio lavoro”.
Ogni caso che affronto è un puzzle, un enigma da risolvere come detective. La parte medica entra in gioco nell’analisi dello scheletro e dei resti umani che mi dicono molto sul profilo biologico, le condizioni di salute, lo stile di vita di chi è morto. Ogni cadavere ha la sua storia, basta solo decifrarla.
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TERZA PUNTATA: Patricia Highsmith e lo stufato di tartaruga
Patricia Highsmith, la regina del noir americano (capace di siglare storie inquietanti come Sconosciuti in treno, Acque profonde, L’amico americano), nacque il 19 gennaio 1921 a Fort Worth, curiosamente lo stesso giorno in cui nel 1809 venne alla luce Edgar Allan Poe. Amò alla follia la letteratura di Kafka, Sartre, Camus e Tolstoj. Si divertì a scrivere romanzi che assomigliassero ai dipinti di Francis Bacon, che secondo lei era l’artista che meglio aveva ritratto in nero il mondo: «Il genere umano che vomita nel gabinetto con il sedere nudo in vista». Forse per questi motivi le venne così naturale descrivere la banalità del male in tutte le sue forme. Ebbe sempre una sua lucida idea di come andasse costruito un noir: «Penso che concentrarsi sul chi è stato sia un modo sciocco di stuzzicare la gente… a me non interessa come non mi interessano i rompicapo». La Highsmith, come dimostrano i suoi racconti e i suoi romanzi, è sempre stata affascinata dagli assassini e dai predatori che per certi versi considerava «una razza superiore». Patricia Highsmith non volle mai andare sul set di Delitto per delitto per incontrare Alfred Hitchcock, né accettò di diventare per lui sceneggiatrice, ma girò comunque per settimane portando con sé la lettera personale del regista inglese che le comunicava di aver scelto il suo romanzo Sconosciuti in treno come suo nuovo film. La Highsmith fu consapevole fin dall’inizio della sua carriera che non basta avere una buona storia per essere scrittori, bisogna anche saperla raccontare. Vale la stessa regola nelle buone barzellette. Se chi le racconta anticipa il finale, o si mette a ridere prima, l’effetto non funziona. È per questo che per poter scrivere un noir che funzioni non basta avere un buon soggetto, bisogna saperlo mettere sulla pagina ed essere capaci di stimolare le emozioni dei lettori catturandole fin dall’inizio. Fra le pagine di “Come si scrive un giallo: teoria e pratica della suspense” (Minimum Fax), la stessa Highsmith spiega accuratamente come una storia interessante abbia poi bisogno dello scrittore giusto. Una sua amica le propose di scrivere una storia di questo tipo: «Una vedova, artista di successo, tiranneggia e assilla il figlio decenne, gli fa indossare vestiti troppo infantili, lo costringe ad ammirare le proprie creazioni artistiche, insomma lo sta trasformando in un tormentato nevrotico».
So che state pensando già a un emulo del Norman Bates creato per Psycho da Robert Bloch e trasportato poi sullo schermo da Alfred Hitchcock. In realtà, il risultato che trasse da quello spunto Patricia Highsmith dopo averci riflettuto per alcuni mesi fu ben più diabolico. E a far scaturire la forma finale della storia fu un libro di cucina rinvenuto per caso dalla scrittrice americana a casa di amici che proponeva un’orripilante ricetta di stufato di tartaruga. Mi raccomando, siate forti di stomaco nel leggerla.
I lettori convinti che i gialli comincino a diventare insipidi farebbero bene a consultare alcuni brani di cucina relativi ai nostri amici pennuti, o in guscio; una casalinga deve avere un cuore di pietra per leggere quelle ricette, per non parlare poi del realizzarle. Il metodo per uccidere una tartaruga d’acqua consiste nel bollirla viva. La parola uccidere non viene usata nel manuale di ricette, non serve: chi può sopravvivere all’acqua bollente? Appena finito di leggere il ricettario mi tornò in mente la storia del ragazzino tiranneggiato. Avrei imperniato il racconto su una tartaruga d’acqua: la madre porta a casa la tartaruga per farne uno stufato, una tartaruga che all’inizio il bambino ritiene destinata a lui, un animaletto per tenergli compagnia. Il bambino racconta della tartaruga a un compagno di scuola, cerca così di guadagnarne la stima, e promette di mostrargliela. Poi assiste all’uccisione della tartaruga nell’acqua bollente, e tutto l’odio e il rancore accumulati contro la madre esplodono. La uccide durante la notte, con lo stesso coltello da cucina che lei ha usato per la tartaruga.
Come potete constatare, la storia dell’amica della scrittrice americana, che in partenza era già terribile, messa in mano a un’autrice come Patricia Highsmith è esplosa come una bomba a orologeria con effetti deflagranti immediati. E se volete scoprire che fine fa poi il cadavere della madre e cosa se ne farà il ragazzo di un pesante e polveroso tappeto, vi consiglio di recuperare “A Suspension of Mercy”, pubblicato dalla Highsmith nel 1965.
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SECONDA PUNTATA: Agatha Christie fra vasche da bagno e alberghi di quart’ordine
Agatha Christie non ha mai celato nel tempo la sua passione per i veleni, sostenendo di averla in qualche modo acquisita facendo l’infermiera durante la prima Guerra Mondiale. Aveva abitudini di scrittura molto precise. Confessò più volte che, all’inizio della sua carriera, aveva l’abitudine di scrivere stando comodamente sdraiata dentro una vasca da bagno di stile vittoriano, attrezzata con un piccolo ripiano-scrittoio in legno, su cui erano depositati non soltanto penne e fogli, ma anche una capiente teiera, una tazza da Té e gli immancabili biscotti (o, quando era possibile, una bella torta di mele!). Non scrisse però per tutta la sua vita in maniera rilassata e confortevole. Giunta all’apice del successo confessò alla scrittrice Christianna Brand di essere ricorsa a metodi più drastici per poter velocizzare la propria scrittura:
Spesso mi scervello sulla trama di un romanzo per giorni e giorni. Quando penso che sia pronto, scelgo un albergo di quart’ordine. Un posto dove so che non potrò far altro che scrivere, dove non sarò sottoposta ad alcuna distrazione, e avrò tutto il tempo che voglio a mia disposizione. Un albergo i cui letti sono così scomodi che non ti viene nemmeno la voglia di andare a dormire presto e di alzarti tardi, le cui poltrone sono così rigide che non puoi restarci seduto a lungo per riposarti. Un luogo dove il cibo è così poco invitante che ti alzi da tavola il più presto possibile. Gli ospiti che sopportano le condizioni di vita di un tal posto devono essere necessariamente così stupidi che non è pensabile farseli amici: sarebbe uno spreco di tempo prezioso in chiacchiere inutili. In questo modo, il libro è pronto in poche settimane. Poi rimetto nella valigia i pochi vestiti da quattro soldi che ho indossato durante la trasferta e ritorno trionfalmente a casa.
Chissà se l’hanno aiutata di più i rilassanti bagni in vasca o i fugaci soggiorni in albergo per sviluppare le sue acute riflessioni sul mondo del delitto? Tanto da arrivare a sostenere che:
Ogni omicida è probabilmente il vecchio amico di qualcuno.
Chi ha ucciso una volta, quasi sempre ricade nel delitto; non fosse che per tentare di assicurarsi l’impunità.
Non è tanto il delitto in se stesso che interessa, quanto ciò che si nasconde dietro.
L’invenzione, secondo me, deriva direttamente da un certo ozio, forse addirittura da una certa pigrizia.
La vita ha spesso una trama pessima. Preferisco di gran lunga i miei romanzi.
La fantasia è un’ottima serva, ma una pessima padrona. La spiegazione più semplice quasi sempre si rivela esatta.
È bene sospettare di tutti, finché non si riesce a dimostrare che sono innocenti.
Lo studio dei caratteri m’interessa enormemente. Non ci si può occupare del crimine senza tener conto della psicologia.
Nei romanzi i poliziotti sono sempre ciechi come talpe.
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PRIMA PUNTATA: Da Patricia Cornwell a Kathy Reichs a P.D. James…
Scrivere un libro: i consigli di 5 grandi scrittrici di gialli e noir.
Da Patricia Cornwell a Kathy Reichs a P.D. James…
“Se volete fare gli scrittori, prima di tutto dovete imparare a dare maggior forza alle parole perché le parole sono l’impalcatura. Non è importante disporre di un vocabolario più ampio, tanto per utilizzare delle parole insolite, ma più ne avete meglio è. E leggete molto e, soprattutto, leggete gli scrittori migliori. Non per copiarli, ma per vedere come scrivono e per imparare da loro…” Queste sono le parole di P.D. James scrittrice britannica di grande successo: celebre è la serie che ha per protagonista il detective Adam Dalgliesh, pubblicata in Italia da Mondadori.
A partire da oggi, IoScrittore pubblicherà un “segreto” al giorno di 5 signore del giallo, del thriller o del noir, scritti da Luca Crovi, critico, conduttore per nove anni della trasmissione Tutti i colori del giallo in onda su Radiodue e autore di Noir – Istruzioni per l’uso.
Scoprirete stili di vita curiosi, attitudini, consigli di stile e di metodo preziosi per scrivere un romanzo che abbia il respiro dei grandi successi letterari.
Inizieremo oggi con i luoghi che scatenano la fantasia (consigli di P.D. James).
Toccherà poi a Lady Agatha (Christie) fra vasche da bagno e alberghi di quart’ordine, impareremo da Patricia Highsmith a “trasformare” in chiave letteraria piccoli episodi quotidiani, da Kathy Reichs l’importanza della ricerca, da Patricia Cornwell l’importanza di certe fiabe, terrificanti quanto la più nera realtà.
PRIMA PUNTATA
I luoghi che scatenano la fantasia di P.D. James
Per la britannica P.D. James, la creatrice dell’ispettore Dalgliesh i luoghi sono un punto fondamentale per costruire romanzi di suspense, specie quelli isolati e di mare. I paesaggi contribuiscono a dare atmosfera e carattere ai romanzi.
Il luogo fa parte della mia immaginazione creativa. Si può trattare di un posto nuovo oppure di un posto che ho avuto modo di conoscere benissimo. E mi dico, “Ecco dove è successo tutto.” La storia parte proprio da lì.Adoro trovarmi nei pressi del mare, soprattutto in località dove ci sia pochissima gente. Molti dei miei libri sono ambientati sulle coste orientali dell’Inghilterra, coste piatte, ricche di canneti, di paludi e di uccelli. Cieli a perdita d’occhio. Credo che vi prevalga un senso di solitudine e anche un po’ di desolazione. Ci sono, inoltre, molte splendide chiese antiche e delle abbazie in rovina. Insomma, si tratta di un’area dell’Inghilterra che è estremamente romantica, forse non tanto bella agli occhi di qualcuno, ma per la sottoscritta vi regna un’atmosfera che si sposa benissimo con la letteratura di genere.
Per P.D. James il romanzo poliziesco può essere considerato a tutti gli effetti il vero romanzo sociale dei giorni nostri.
Lo è sempre stato perché si occupa dei problemi di tutti i giorni della gente. Spesso, è più facile farsi un’idea di com’era l’Inghilterra di un certo periodo, attraverso la narrativa di genere, rispetto ai romanzi cosiddetti mainstream. Credo che valga soprattutto per una scrittrice di gialli come Dorothy L. Sayers, grazie alla quale sappiamo esattamente come fosse lavorare in un ufficio londinese prima della guerra oppure lavorare nelle aree paludose prima della guerra. Se i miei libri sopravvivranno — spero davvero che lo facciano — mi auguro che possano fornire alla gente un’idea di come fosse vivere tra la fine di un millennio e l’inizio di quello successivo, nell’Inghilterra del Ventesimo Secolo, con tutti i suoi problemi.
Senza morti una buona storia sarebbe difficile da costruire, forse non avrebbe un senso e non risulterebbe nemmeno così appetibile per i lettori.
L’omicidio è un po’ il cuore di questi romanzi perché concentra le emozioni più forti in un momento. E poi ci interessa maggiormente sapere chi ha ammazzato la vittima che non chi ha rubato una collana di diamanti, per esempio. Dunque, è importantissimo portare la realtà fondamentale della morte nel cuore di un romanzo.
E ci sono regole che possono essere seguite per scrivere una storia nella maniera migliore. Certi che seguendole si possa ottenere un risultato credibile. La scrittura ricorda la James comporta attenzione, documentazione e disciplina.
Una buona detective story deve essere prima di tutto un buon romanzo. Se volete scrivere un buon romanzo, se volete fare gli scrittori, prima di tutto dovete imparare a dare maggior forza alle parole perché le parole sono l’impalcatura, la materia prima del nostro lavoro. Non è importante disporre di un vocabolario più ampio, tanto per utilizzare delle parole insolite, ma più ne avete meglio è. E leggete molto e, soprattutto, leggete gli scrittori migliori. Non per copiarli, ma per vedere come scrivono e per imparare da loro come io ho imparato da Jane Austen, Graham Greene e Evelyn Waugh. E poi scrivete, esercitatevi. Non si diventa scrittori solo col pensiero. Lo si diventa imparando a scrivere. Non credo che faccia nessuna differenza iniziare con dei racconti o persino tenere un diario, descrivere semplicemente quello che ci è successo oppure provare a scrivere un romanzo. Scrivete! E poi dovrete essere davvero aperti alle esperienze. Dovrete mostrare empatia con la gente, essere in contatto con altre persone, parlare con altre persone e imparare quel che c’è da imparare su di loro e non solo su voi stessi.
La struttura narrativa non va mai sottovalutata quando ci si mette davanti alla macchina da scrivere. Bisogna conoscere bene la metodologia degli inquirenti, il linguaggio dei criminali, la psicologia dei serial killer. Bisogna avere una storia da raccontare ma bisogna anche conoscere il mondo in cui sarà ambientata. Non si può essere impreparati per scrivere gialli o noir. Come non si può esserlo per scrivere qualsiasi altro tipo di letteratura.
Se volete scrivere dei gialli dovrete tenere in grande considerazione la struttura e pensare se siete in grado di creare un nuovo detective che risulti interessante, che sia un professionista o meno, cercare di farsi venire in mente un detective che sia davvero diverso da tutti quelli che già esistono. Dovrete condurre le vostre ricerche, dovrete studiare il lavoro della polizia, scoprire come opera la polizia. Per esempio, se nella vostra storia viene commesso un omicidio, dovete sapere chi interviene, quali sono i suoi doveri, cosa fa. Dovrete informarvi sui metodi della polizia scientifica. Insomma, dovrete informarvi sui dettagli tecnici. Tutte cose in più che dovrete fare se intendete scrivere un giallo, ma ovviamente la detective story è anche questo. Se invece la storia che scrivete è diversa, pur rimanendo nell’ambito del noir, potrebbe non esserci l’intervento della polizia. Però, soprattutto se scrivete un giallo, dovrete fare ricerca. Per il resto, vale tutto quello che vale per ogni altro tipo di romanzo.
Luca Crovi è critico, conduttore per nove anni della trasmissione Tutti i colori del giallo in onda su Radiodue e autore, tra i numerosi libri che ha scritto, di Noir – Istruzioni per l’uso.