Cresce il torneo letterario IoScrittore

Si sono chiuse l’8 febbraio le iscrizioni alla settima edizione di IoScrittore, il torneo letterario gratuito organizzato dal Gruppo editoriale Mauri Spagnol (editore de ilLibraio.it, ndr). La nuova edizione, come sottolinea un comunicato, ha avuto un ottimo riscontro di pubblico: le iscrizioni sono aumentate del +20%.

IoScrittore conferma dunque così la solidità del progetto che ha premiato in passato un alto numero di esordienti poi diventati scrittori di successo. Tra questi si ricordano Valentina D’Urbano, vincitrice della prima edizione con Il rumore dei tuoi passi (Longanesi), o Giuseppe Marotta.

Nel corso delle sei edizioni precedenti sono stati espressi 140.244 giudizi sulle 14.197 opere partecipanti, 100 voci sono state pubblicate in ebook e 11 nuovi autori sono arrivati in libreria.

Tra breve avrà inizio la seconda fase di IoScrittore, caratteristica unica di questo torneo: ogni concorrente dovrà leggere ed esprimere un giudizio sull’incipit di altri quindici partecipanti. I romanzi che supereranno questa prima selezione saranno annunciati sabato 22 aprile 2017, in occasione di Tempo di libri, la nuova fiera dell’editoria di Milano, durante un evento speciale dedicato a IoScrittore.

I 10 romanzi vincitori del torneo saranno proclamati a novembre 2017 in occasione di Bookcity Milano: saranno pubblicati in ebook nel catalogo IoScrittore e almeno uno dei romanzi finalisti (ed eventuali altri romanzi meritevoli tra quelli partecipanti) sarà pubblicato in formato cartaceo, con una delle sigle del Gruppo editoriale Mauri Spagnol. Saranno, inoltre, assegnati premi speciali dai partner del torneo. Infine IoScrittore premierà anche i lettori capaci di riconoscere un talento letterario e valutarne la potenzialità commerciale, con una selezione di titoli pubblicati da GeMS e con un e-reader Tolino al primo classificato.

Per il secondo anno IoScrittore offre un servizio editoriale in più, il print on demand: gli autori che vinceranno la pubblicazione ebook del proprio romanzo otterranno, non solo editing e distribuzione in formato elettronico in tutti i principali bookshop online italiani, ma anche la possibilità della stampa su carta e la messa in vendita attraverso il partner IBS.it.

Si aggiunge quest’anno ai partner del torneo Romics, “festival internazionale del fumetto, animazione cinema e games”. I partner di IoScrittore sono: Circolo dei lettori di Torino, IBS.it, ilLibraio.it, Libraccio, Librerie Coop, Romics, Ubik e Vanity Fair.

Fonte: www.illibraio.it

Come si valuta e si recensisce un romanzo

Il lettore legge un libro solo per sé, per il proprio divertimento e piacere, e magari anche per conoscersi meglio e per immaginare che la propria realtà personale e il mondo esterno possono essere diversi, o si possono guardare con occhi nuovi.

Se invece sei un lettore professionista, perché recensisci per un giornale o una rivista, o perché lavori per una casa editrice, o magari perché stai partecipando a IoScrittore e devi valutare l’opera dei colleghi, non stai leggendo soltanto per te. Hai un altro importante destinatario. E’ l’autore dell’opera, al quale offri uno sguardo esterno, indispensabile per due ordini di motivi.
 
In primo luogo, uno sguardo esterno può cogliere i difetti e le imperfezioni che all’autore possono sfuggire.
 
In secondo luogo, un artista non è mai del tutto consapevole dei significati del suo lavoro e solo lo sguardo critico li può portare alla luce. I classici continuano a parlarci ancora oggi, dopo secoli, proprio per le ricchissime stratificazioni di senso che portano con sé.
 

Il terzo destinatario della recensione è il pubblico, il lettore. A un livello superficiale, si tratta di consigliargli se comprare quel libro, o se è meglio lasciar perdere. A un livello più profondo, si tratta di offrire possibili chiavi di lettura… senza spoiler! Infine, sul lungo periodo, si tratta di modellare il gusto del lettore, di farlo crescere ed evolvere.

 

Tanti sguardi sullo stesso romanzo

 

Per scrivere una buona recensione bisogna naturalmente tener presente questi tre destinatari: il recensore, l’autore, il lettore. Soprattutto, bisogna esaminare l’opera nei suoi vari aspetti, da diverse prospettive. In primo luogo bisogna esaminare la trama, i personaggi e l’ambientazione.

 

 

La trama

 

Non c’è una storia giusta e una sbagliata. Una storia si può raccontare in una riga: “Lui e lei si amano ma i genitori non vogliono e alla fine muoiono”, “Viene dato per morto e solo così può scoprire chi è”. Ma può essere raccontata in una tragedia, o in un romanzo. Può essere raccontata in infiniti modi. L’importante è che sia raccontata nel modo giusto. Per chi recensisce e valuta, il primo passo è capire qual è la storia che racconta quel romanzo, e se sia stata raccontata nel modo giusto.

 

La vicenda va analizzata nella sua struttura e nel suo sviluppo: deve avere uno sviluppo logico (anche la fantasia più sfrenata, anche i sogni e i deliri hanno una logica…), deve essere equilibrata e coerente, deve avere il suo ritmo, deve essere ravvivata da colpi di scena che da un lato facciano procedere la vicenda in maniera organica, e dall’altro tengano viva l’attenzione del lettore. Bisogna capire che cosa racconta quella storia, quali sono i passaggi cruciali e la loro scansione.
 
Bisogna capire se la macchina narrativa funziona, se gli ingranaggi sono al posto giusto e girano nel modo giusto.
 

I personaggi

 

I protagonisti, l’eroe (o l’eroina), gli antagonisti, gli amici e alleati più stretti, dovrebbero avere obiettivi precisi e dunque una funzione precisa all’interno del meccanismo narrativo. Le traversie che vivono li possono cambiare, possono portarli a un diverso livello di consapevolezza di sé e di conoscenza del mondo. E’ un percorso che accomuna il protagonista al lettore, che nella propria fantasia vive le stesse esperienze. Affinché questo accada, è necessario che la psicologia dei personaggi, e dunque le loro emozioni e le loro azioni, siano disegnati con efficacia. Su questi elementi si basa la possibilità che scatti l’empatia tra uno o più personaggi e il lettore. La sua capacità di “agganciare” emotivamente chi legge è un elemento chiave della fortuna di moltissimi romanzi.

 

I personaggi comprimari danno colore al paesaggio, ma possono avere anche un ruolo determinante nelle peripezie che incontrano i protagonisti.
 

L’ambientazione

 

Un terzo aspetto dell’analisi riguarda la capacità di creare un mondo attraverso la propria scrittura. Ogni romanzo deve creare un universo coerente e credibile, e deve farcelo scoprire e abitare. Ci sono romanzi radicati nella quotidianità più banale, altri che fanno scoprire aspetti poco noti della realtà, altro ancora che ci proiettano in universi fantastici. Un romanzo deve farci abitare quel mondo, qualunque esso sia.

 

Il bravo scrittore lo si riconosce dalla capacità di cogliere, e di farci vedere, toccare, odorare, il dettaglio rivelatore: un oggetto, un gesto, un profumo, un sapore che fanno sentire la realtà del racconto… Non si tratta di inondare la fantasia del lettore con descrizioni minuziose (e noiose).
 

Caccia all’erore… ooops, all’errore!

 

Un altro livello di lettura attiva le qualità “poliziesche” e investigative del lettore: deve attivare una attenzione che gli permette di cogliere i particolari che non tornano. Un lettore professionale deve saper cogliere gli errori di continuità, le incoerenze e le assurdità, anche dal punto di vista storico e culturale. Deve capire quando la trama s’inceppa, e se ci sono passaggi da tagliare perché noiosi o inutili, o magari elementi da sviluppare, sia nella trama sia nella psicologia dei personaggi sia nell’ambientazione.
 
Nella fase di editing e revisione di un romanzo, i consigli di un editor sono fondamentali: magari non sono tutti giusti, sta all’intelligenza dell’autore saperli valutare e sfruttare al meglio.
 

La forza della novità e dell’originalità

 

Una trama che corre come un treno. Personaggi che vorremmo conoscere e con cui ci possiamo identificare. Un mondo da scoprire ed esplorare, in cui ci possiamo perdere e ritrovare, che sia nel presente, nel passato o nel futuro. Questi sono gli ingredienti indispensabili di un buon romanzo. O meglio, di un efficace prodotto di consumo, che segua sentieri già battuti, senza prendersi rischi. E magari rispetta le regole del genere di riferimento, per arrivare più efficacemente al lettore.

 

Ma questo non basta. Perché un romanzo risulti davvero interessante, deve contenere elementi di novità. Un lettore professionista (così come un bravo scrittore) deve conoscere le regole dei generi e la loro storia, per capire come e quando queste regole vengono infrante, superate e magari reinventate. Deve capire se queste trasgressioni rappresentano un reale elemento di novità e di sviluppo, o se sono solo sciatterie, ingenuità o errori di composizione.
 

La novità può risiedere in un’invenzione narrativa efficace: il monologo interiore con cui Molly Bloom che conclude l’Ulysses di Joyce è stata una straordinaria invenzione narrativa, poi ripresa da moltissimi altri autori; così come hanno rappresentato una novità assai imitata le narrazioni elaborate da diversi punti di vista e con salti narrativi da William Faulkner nei diversi capitoli dei suoi romanzi, una tecnica ripresa al cinema da Akira Kurosawa per Rashomon. Può risiedere in una trovata, per esempio un romanzo d’amore punteggiato di ricette: accade in Dolce come il cioccolato di Laura Esquivel. Può risiedere nella qualità di un protagonista: Gregor Samsa, il protagonista della Metamorfosi, quando si sveglia è una blatta; Hannibal the Cannibal, il genio del Silenzio degli innocenti, è un serial killer sadico e perverso; Terry McCaleb, il protagonista di Debito di sangue di Michael Connely, ha subito un trapianto di cuore e questo cambia la sua visione del mondo. Può risiedere nell’ambientazione, nella capacità di farci scoprire qualcosa che non conoscevamo: autori come Jules Verne, Michael Crichton e William Gibson, attraverso trame avvincenti, hanno fatto scoprire aspetti della ricerca scientifica o della tecnologia che il lettore comune ancora non conosceva. Il romanzo può farci scoprire nuovi orizzonti: la Parigi di Maigret o la Svedia di Wallander, l’antico Egitto o l’Africa di Wilbur Smith o la Route 66 di Jack Kerouac, la Vigata di Camilleri e la Bellano di Andrea Vitali… Ma anche il mondo interiore e gli interni domestici delle “casalinghe disperate”, da Emma Bovary e Anna Karenina fino a oggi.

 

Un romanzo va dunque valutato anche rispetto ad altre opere simili, per capire quanto si adegui o si discosti dai modelli e dalla concorrenza.
 

Lo stile

 

Un altro aspetto fondamentale nella valutazione di un testo, è lo stile. Diamo per scontato che l’ortografia, la grammatica e la sintassi vengano rispettati, anche se a volte può scappare qualche distrazione, magari scusabile perché causata da riscritture e copiancolla.

 

Ma l’uso corretto della lingua italiana non basta. Attraverso la scrittura emerge la personalità di chi scrive. Ciascuno di noi ha una lingua personale, un proprio modo di esprimersi. Il processo della scrittura dovrebbe rendere questa tonalità ancora più nitida, percepibile.

 

E naturalmente ci sono le voci dei personaggi, nei dialoghi ma anche nel filo dei loro pensieri, che devono anch’esse avere la tonalità giusta, diversa per ciascuno.
 

Le farfalle nella pancia o la morale della favola?

 

Ma non basta. C’è qualcosa che arriva prima, e qualcosa che arriva dopo. Quello che arriva prima, è la pancia. Quando incontriamo un romanzo che ci conquista, non riusciamo a pensare (quasi) ad altro. Dobbiamo continuare a leggere. Ci rapisce e ci porta via. Sentiamo le farfalle nella pancia, ci siamo innamorati di quel libro e del suo autore.

 

A quel punto, un lettore consapevole deve farsi una domanda semplicissima, che può avere una risposta complessa e infinita: “Perché?”

 

E c’è qualcosa che arriva dopo, quando la lettura è terminata. Una volta ci saremmo chiesti: “Ma qual è la morale della favola?” Insomma, che giudizio diamo dei diversi personaggi e delle loro azioni, e del modo in cui l’autore scioglie i nodi problematici della vicenda. Se davvero vincono i buoni, e se lo hanno fatto nel modo giusto. Perché in ogni romanzo si esplorano le necessità e le libertà del comportamento degli esseri umani, i condizionamenti esterni e le decisioni personali.

 

Oggi dobbiamo capire anche se quello che abbiamo letto è puro intrattenimento, magari assai piacevole. O se sotto la superficie di quelle pagine non si nasconda qualcosa di più profondo, di più importante. Oggi ci sono molteplici forme di intrattenimento assai efficaci, dal cinema alla televisione, dai videogame ai social network. Quello che chiediamo a un libro, quello che ci piace dei libri, è che ci possono dare un’esperienza di diversa, speciale. Questo romanzo me l’ha data?

 

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“Le lettere che scrivo a mio figlio Papo diventano un libro”

La scrittura come terapia. Scrivere per affrontare la sofferenza. Scrivere lettere notturne non per superare una perdita, pesantissima, – quella di un figlio morto l’estate scorsa a soli 10 anni per un arresto cardiaco -, ma per continuare un dialogo, per “tenere botta al dolore e trasformarlo in Amore”

Jacopo, detto Papo, nato con un problema al cuore, se n’è andato troppo presto. Dal giorno successivo alla sua morte, il padre, Andrea Pilotta, ha iniziato a scrivergli lettere commoventi, postandole su Facebook: “Ho cominciato per continuare a sentirmi vicino a lui, per dirgli cosa stava succedendo a casa. Poi è diventato un appuntamento irrinunciabile, un filo di vita che continua a tenerci uniti e che sta legando tantissime persone”, ha spiegato Andrea al Corriere della Sera.

In tanti, in rete, sono infatti rimasti colpiti dalle sue parole, raccolte nel blog Paposuperhero.com. E a maggio, le lettere di Andrea a Papo diventeranno un libro, pubblicato da Garzanti.

Pilotta, cosa ha provato dopo aver scritto la prima lettera? E oggi, a distanza di mesi, cosa sente scrivendo questi messaggi a suo figlio?
“Dolore, sollievo e fiducia. Stesse emozioni che provo ogni volta che scrivo a Papo. Per quattro mesi ho dormito a spizzichi e bocconi, la presenza di Papo è stata ed è costante durante la scrittura. Scrivo per continuare a stare insieme. Avrà ben altro da fare dall’altra parte dell’Infinito, ma un’oretta col suo papà credo possa ritagliarsela. Ogni tanto Papo mi regala una piuma bianca, facendomela trovare nei posti più inaspettati e le ‘coincidenze’ si susseguono, quindi non penso di dargli noia. Sento che sto capendo pian piano come si fa a essere genitore di due figli, uno di qua e uno di là dall’Infinito”.

E cosa ha pensato quando le sue lettera hanno cominciato a circolare in rete?
“La mia reazione è stata uguale e contraria, bipolare, come tutto questo periodo dopo che Papo è andato dall’altra parte dell’Infinito. Fa piacere l’affetto delle gente, certo che fa piacere, non ci fosse sarebbe tutto ancora tristemente più brutto. Fanno piacere gli articoli sui giornali e quel paio di interviste così importanti in tv. La pasta al forno resta la pasta al forno, buonissima, solo che i pugni sul mento e nello stomaco che ti tira la vita ti scassano papille gustative e apparato digerente e quindi ciò che dovrebbe essere solo bello e spontaneo in qualche modo ti turba, ti sembra ingiustificato. Ti assale e ti spiazza l’onda di migliaia di persone che ti scrivono, si confidano, si complimentano. Rispondo a tutti che faccio solo quel che devo, niente di straordinario, cerco solo il nostro modo per continuare a stare con Papo. Ogni stella cadente, ogni ciglia tra le dita esprimeva il solo desiderio che Papo diventasse grande. Non è andata così. Papo è diventato qualcosa di ancora più grande giorno dopo giorno, in qualche mese, e ho realizzato che ‘Papo è un patrimonio condiviso d’Amore’, non è più solo il mio bambino”.

Ha condiviso il suo stato d’animo con moltissime persone.
“L’affetto che ci circonda ha creato una ‘Rivoluzione d’Amore’ grazie alla quale Papo continua vivere tra tutti noi.
Ho pensato: finalmente, Papo se lo merita! E se lo merita ognuno che in Papo identifica Amore, Spensieratezza e Allegria! Se lo merita chi soffre per un suo caro e tramite Papo ride, piange, s’immedesima, tutto sommato vuol bene alla vita e si va convincendo insieme a me che la morte non esiste, non può che essere una porta aperta”.

 

Fonte: www.illibraio.it

Italiano a scuola: cosa non hanno capito i 600 firmatari dell’appello al governo

Ai 600 firmatari dell’appello al governo perché intervenga sulle scarse competenze dell’italiano degli studenti italiani

Cari Docenti universitari e non, ho letto con attenzione il vostro documento con il quale denunciate il fatto che “troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente”. Vorrei dirvi che non lo condivido in nessuna parte, fatta eccezione per la frase “non si vede una volontà politica adeguata alla gravità del problema”.

Per il resto, credo che potrebbe esservi utile qualche osservazione, che possa farvi capire meglio perché i ragazzi non sanno più scrivere, leggere e parlare bene. Il problema esiste eccome, ma esiste da almeno trent’anni e non si vede perché uscire fuori adesso.


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Avrei trovato più logico e utile un appello nel momento, per fare un esempio, in cui le ore di italiano nelle scuole medie sono state ridotte invece che aumentate. Oppure avrei preferito una vostra presa di posizione su ogni cambiamento che aumentava gli alunni per classe e diminuiva il personale, per esempio rivalutando “il maestro unico”; o quando è stato eliminato il tempo prolungato, anche se permetteva di seguire davvero i ragazzi.

Avrei preferito che aveste scritto e firmato in 600 un documento di protesta quando “per risparmiare”, sono stati eliminati i dirigenti, perché se il dirigente deve gestire tante scuole invece di una sola questo porta dei problemi che si ripercuotono sulla vita scolastica, e di riflesso anche sulla grammatica e sull’ortografia.

Avrei preferito che foste intervenuti quando è stato ridotto il numero degli insegnanti di sostegno, perché anche questo finisce per riflettersi su quello che possiamo fare per gli alunni, comprese le importanti riflessioni linguistiche.

Troverei ottima l’idea di una vostra presa di posizione ogni volta che i genitori vengono a scuola a protestare per i voti, per i troppi compiti, per i pochi compiti, per le scelte didattiche dei docenti, per i provvedimenti disciplinari dei figli, anche se meritati, perché anche questi problemi provocano ritardi e riducono il tempo per insegnare l’italiano.

E avrei apprezzato anche un vostro intervento per difenderci da tutti i ministri che arrivano bel belli, buttano all’aria quello che c’era prima e ci costringono a ricominciare tutto da capo, come in un eterno gioco tu costruisci, l’altro distrugge, tu costruisci, l’altro distrugge e così via.


LEGGI ANCHE – “I ragazzi scrivono male in italiano? Il problema è la difficoltà a decodificare un testo” 

Non è vero che “il tema della correttezza ortografica e grammaticale è stato a lungo svalutato sul piano didattico più o meno da tutti i governi”. Sulla carta è stato sempre previsto come importantissimo. Ma il fatto è che da trent’anni a questa parte l’aumento degli impegni, e delle mille richieste (e pretese) rivolte ai docenti lasciano sempre meno spazio all’insegnamento delle materie, compreso l’italiano. Probabilmente voi non lo sapete, ma fate presto a rendervene conto rileggendo (o leggendo) i programmi ministeriali e le (pseudo)riforme, con tutti i cambiamenti che sono stati fatti e che non hanno portato ad altro che a confusione, difficoltà e ritardi. Noi insegnanti di tutti gli ordini di scuola siamo sovraccarichi di compiti a volte perfettamente inutili, dobbiamo perdere tempo a riempire paginate e paginate di fogli che non hanno nulla a che fare con la didattica, a compilare registri elettronici o a scrivere relazioni che con buona probabilità nessuno leggerà mai. Tutti gli insegnanti preferirebbero essere impegnati solo a insegnare la loro materia, a progettare attività utili per aiutare i ragazzi. Ma noi, cari Docenti universitari e non, non abbiamo più tempo per insegnare come vorremmo, e non abbiamo abbastanza risorse per attuare i progetti che studiamo per aiutare chi è rimasto indietro o per migliorare la preparazione di chi è già preparato: siamo impegnati ogni giorno a gestire situazioni disciplinari difficili, a cercare di porre rimedio a errori educativi della famiglia, ad aiutare i genitori in crisi perché non riescono a comunicare con i figli, a sopperire alle carenze organizzative conseguenti a tagli che ormai sono arrivati a scoprire la carne viva della Scuola italiana. Perché non so se sapete che sono molti anni che noi ci lamentiamo dei tagli, delle finte riforme, delle difficoltà che viviamo ogni giorno. Sono decenni che inorridiamo per quello che scrivono i bambini e i ragazzi e che lo gridiamo a gran voce. Diciamo che i ragazzi non sanno leggere, non sanno scrivere e non sanno parlare. Non ci serve sentirlo dire da voi. Anzi, personalmente mi indispone, perché mi dà l’impressione di sentire quelli che arrivano nel luogo di un’esplosione e chiedono “Come mai c’è tutto questo disordine?”.


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Non è vero che ci sono “alcune importanti iniziative rivolte all’aggiornamento degli insegnanti”. E, soprattutto, anche questa frase suona irritante, perché sottintende che sarebbero necessari dei corsi di aggiornamento per gli insegnanti che sono incapaci di insegnare l’italiano. Davvero pensate che sia degli insegnanti degli ordini di scuola che precedono l’università la “colpa” del fatto che i ragazzi non sanno scrivere? Allo stesso modo, si potrebbe dire che sono stati i docenti universitari quelli che hanno preparato e fatto laureare i docenti che non sanno insegnare. E l’inutile cerchio delle accuse si chiuderebbe. Per quanto riguarda le soluzioni che proponete, credo che non siano affatto soluzioni.

“Una revisione delle indicazioni nazionali che dia grande rilievo all’acquisizione delle competenze di base”? Tranquillizzatevi! C’è già di tutto e di più. Rileggete meglio (o leggete) le indicazioni nazionali.


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Per il resto, in sostanza, chiedete altre “verifiche nazionali periodiche” del lavoro svolto? Altri test, insomma, per constatare quello che sappiamo già? E sarebbe una soluzione? No. Sarebbe solo una verifica con altro lavoro inutile.

Prima di verificare un lavoro bisogna essere messi in condizione di farlo, quel lavoro. Il discorso è molto lungo, ma faccio qualche esempio, solo come accenno:

– Riduzione degli alunni per classe. Direi massimo 20.
– Aumento del numero di docenti (i “docenti di potenziamento” non sono stati una buona idea) e ripristino del concetto di “compresenza” in tutti gli ordini di scuola.
– Una modifica dell’orario: troppe ore a scuola non fanno bene a nessuna età. La scuola non può fare un “tempo lungo” per risolvere il problema “dove metto i bambini?”. Semmai lo Stato potrebbe organizzare dei doposcuola a disposizione dei figli dei genitori che lavorano. Gratuiti.
– Una revisione delle materie di studio. Problema molto delicato, ma da affrontare.
Un aumento delle ore di italiano in tutti gli ordini di scuola. La competenza linguistica si raggiunge con ore e ore e ore di letture, di studio, di riflessioni, di esercizi. Ore curricolari al mattino e ore pomeridiane divise in “recupero” e in “potenziamento”. E’ inutile parlare di accoglienza e di inclusione se poi, praticamente non si può fare nulla di sostanziale per gli stranieri che non conoscono bene l’italiano o per gli alunni che hanno difficoltà di apprendimento. Ed è inutile parlare di “eccellenza” se poi non si riserva alla Scuola l’attenzione (anche economica) che merita.


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In conclusione: il grosso, l’enorme problema è che la situazione è così ingarbugliata e incancrenita che è difficile adesso, porre dei rimedi veri. Dare la colpa a qualcuno in particolare è ridicolo. E’ ridicolo soprattutto dare la colpa agli insegnanti, perché le colpe principali sono esterne alla scuola (a partire dalla politica e da chi manovra i gusti e gli acquisti). I ragazzi non sanno scrivere perché non sanno parlare; non sanno parlare perché sono stati spinti a pensare solo a ciò che c’è di più futile, perché la società da decenni sta rendendo tutti imbambolati da stupidaggini che hanno lo scopo proprio di distoglierli da ogni forma di cultura. Bisogna ripensare prima la società e poi la Scuola tutta, dalle fondamenta. È giunta l’ora di smetterla con i rattoppi. Una scuola del passato come continua a essere questa, nonostante le LIM e i tanti specchietti per le allodole, non può andar bene né per il presente né tantomeno per il futuro.

L’AUTRICE – Isabella Milani è lo pseudonimo di un’insegnante e blogger che ha trascorso la vita nella Scuola. Per Vallardi ha pubblicato L’arte di insegnare – Consigli pratici per gli insegnanti di oggi. Qui il suo blog e qui tutti i suoi articoli per ilLibraio.it.


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Fonte: www.illibraio.it

I consigli per pubblicare un libro perfetto da ogni punto di vista

Il torneo sta per iniziare. Hai scritto l’incipit, stai per caricarlo nel sistema informatico di IoScrittore. Tra poco, se il torneo fosse un gioco d’azzardo, il croupier pronuncerebbe la fatidica frase: “Les jeux sont faits. Rien ne va plus!”.
Ma prima che i giochi siano fatti, prima che i tuoi colleghi e rivali inizino a leggere il tuo testo, e tu inizi a leggere il loro, devi controllare che tutto sia stato fatto per il meglio. A regola d’arte. Dovresti avere la stessa attenzione anche se dovessi inviare il tuo romanzo inedito a un editore oppure a un qualsiasi concorso letterario, non sono consigli che valgono solo per il Torneo letterario di IoScrittore. Si tratta di aspetti fondamentali da seguire per chi aspira alla pubblicazione del proprio romanzo.
In questa prima fase del torneo ti stai giocando tutto. Sarebbe stupido compromettere l’esito della prova per quelli che potrebbero sembrare peccati veniali, ma che il realtà possono rallentare o fermare il tuo cammino.
Il testo deve essere giusto. Lo hai scritto e riscritto, sicuramente lo hai anche letto e riletto, tra una riscrittura e l’altra. Ma adesso devi rileggerlo ancora con attenzione, per eliminare le ultime imperfezioni, per fare in modo che sia il più possibile efficace.
Non basta rileggerti una sola volta, devi fare attenzione a troppe cose tutte insieme. Una lettura non basta. Servono letture mirate, concentrandosi ogni volta su un singolo aspetto.
Il vero segreto, insomma, è leggere (e rileggere) il testo nel modo giusto.
Quattro modi per leggere il tuo incipit (e poi tutto il romanzo)
DAL PUNTO DI VISTA DEL LETTORE
Rileggiti dal punto di vista del lettore. Fai finta di non conoscere il tuo romanzo, i suoi protagonisti, i paesaggi in cui si svolge, le emozioni che suscita. Ora lo stai leggendo per la prima volta, come se fosse opera di un altro.
Come entrano in scena i diversi personaggi? Che impressione dovrebbero dare, nelle tue intenzioni? Fragilità, forza, bellezza, tenerezza? Simpatia, antipatia, empatia? Che impressione ti danno? Con quali parole, con quali gesti? L’aspetto fisico è importante? O è meglio lasciarlo immaginare al lettore?
Lo scenario, lo sfondo, hanno un grande valore, soprattutto all’inizio di una storia. Cominci a regalare un mondo al lettore. Se racconti un luogo, ce lo fai davvero vedere? Non servono lunghe e minuziose descrizioni, ma pochi particolari, quelli giusti: dettagli concreti, indizi che accendano la fantasia del lettore. Quali oggetti inquadra, il tuo racconto? Sono quelli davvero importanti?
Un personaggio, un paesaggio evocano emozioni. Chi legge tiene accesa l’immaginazione e ogni dettaglio ispira la fantasia. Che emozioni suscitano i suoni, i colori, gli odori, i gesti che hai inserito in queste pagine?
DAL PUNTO DI VISTA DEL MUSICISTA
E’ un consiglio che abbiamo già dato, ma che è utile ripetere. Stampa il testo, magari in caratteri un po’ più grandi del normale, e rileggilo ad alta voce. Deve emergere il ritmo del racconto, parola dopo parola, frase dopo frase, paragrafo dopo paragrafo. Può essere un tempo lento, o uno scatenato swing, ma deve avere un ritmo riconoscibile. Se la lettura inciampa, perché si sfilaccia o s’intorcina, o se diventa monotona, monocorde, c’è qualcosa che non va. A volte si tratta di sciogliere i nodi, di chiarire. A volte si tratta di cambiare il tempo, passare magari dal valzer al rock.
A dare il ritmo sono anche la lunghezza dei periodi, la scansione in capitoli e in paragrafi, o gli a capo quando ci sono i dialoghi. Guarda l’insieme della pagina: ha il ritmo che volevi dare al testo?
DAL PUNTO DI VISTA DEL REGISTA
Ascolta con attenzione le voci dei diversi personaggi, se ce ne sono. Il bravo narratore si riconosce dai dialoghi, che sono tra le cose più difficili da scrivere. Funzionano? Sono credibili? Ogni personaggio ha la sua voce? Le voci dei personaggi sono diverse da quella del narratore? Se non hai mai sentito nessuno parlare come parlano i tuoi personaggi, i casi sono due: o sei un genio come Vittorio Alfieri o Giovanni Testori, o è meglio rimetterci mano.
Come funzionano i cambi di scena, se in queste prime pagine ce ne sono? Come finisce un’inquadratura? Come inizia quella successiva? Si possono usare molte tecniche: per esempio cambiate capitolo (un po’ come l’istante di buio tra la scena di un film e la successiva), o trovare un oggetto che faccia da ponte, o far entrare in scena un nuovo personaggio.
DAL PUNTO DI VISTA DELL’INVESTIGATORE
Quando un poliziotto interroga un sospetto di omicidio, gli fa raccontare la sua storia e cerca i punti in cui gli sembra incoerente, contraddittoria. “Quando hai visto la vittima, nelle ultime settimane? Che cosa vi siete detti? Che percorso hai fatto? Da quale porta sei entrato? Chi aveva la chiave? Che ora era? Ma come hai fatto a compiere questo percorso in pochi minuti?”
Lo abbiamo già detto: il lettore cerca indizi. La storia che racconti deve resistere all’interrogatorio più minuzioso. Devi prestare attenzione ai problemi di continuità e di coerenza interna, soprattutto se lavori di fantasia: chi ti legge è disposto a credere anche ai draghi, o agli asini, che volano, ma in un mondo dove i draghi, o gli asini, possono e debbono volare…
Nei romanzi storici, l’attenzione non è mai troppa. Tutti sappiamo che nessun eroe o eroina del nostro romanzo può mangiare gli spaghetti al sugo o la pizza margherita prima del 1492, perché i pomodori ce li ha portati Cristoforo Colombo dall’America. Ma anche offrire questi piatti a un banchetto nel Seicento o nel Settecento suona improbabile, perché per secoli il Pomo d’Oro è stato apprezzato quasi unicamente come pianta ornamentale ed è entrato stabilmente nelle nostre diete solo nel tardo Ottocento…
A maggior ragione questa avvertenza vale per i romanzi gialli e i thriller: gli indizi che dissemina l’autore sono altrettante sfide al lettore.
DAL PUNTO DI VISTA DEL CORRETTORE DI BOZZE
Leggi tutto parola per parola, con la massima attenzione. Non pensare al senso di quello che stai leggendo, ma ai singoli vocaboli. Stai cercando i refusi, gli errori di ortografia. Controlla anche la punteggiatura. Osserva l’aspetto delle pagine: per esempio lo spazio va dopo il punto o la virgola, non prima. Un testo con molti refusi, con un’impaginazione approssimativa, dà una impressione di sciatteria, di frettolosità, di scarso rispetto per chi legge. Le leggi della tipografia sono state affinate nel corso dei secoli proprio per facilitare la lettura. Un trucco dei vecchi? Leggi il testo all’indietro, dall’ultima parola alla prima. Ti sarà impossibile seguire la storia, vedrai più facilmente certi tipi di errori. [A proposito, hai individuato il refuso che c’è in questo testo sui refusi?]
L’errore da evitare
Lo hai scritto, di getto o con grande fatica, centellinando ogni parola, ogni frase. Il suo testo lo conosci fin troppo bene, ci sei immerso fino al collo, e oltre. Rileggerlo ti dà la nausea. Sai che ci hai messo dentro tutto te stesso, ora tocca agli altri godersi quelle pagine.
Pensare che il lavoro dello scrittore si esaurisca nella scrittura è un errore: c’è tutto quello che viene prima, quando la pagina è ancora bianca: le letture, le ricerche, e soprattutto l’esperienza di vita. Ma c’è anche quello che viene dopo: un lavoro artigianale, fatto con cura e competenza, attenzione e rispetto. La casa editrice serve anche a questo. Ogni sguardo esterno può aiutare a capire il senso di un’opera, evidenziando difetti. Ma il grosso del lavoro resta sempre sulle spalle di chi lo ha scritto, quel romanzo.
Il consiglio di IoScrittore
Abbi fiducia in te stesso. Hai davvero fatto un buon lavoro, di questo devi essere convinto. Quelli che stai dando con questa ultima rilettura sono solo i ritocchi finali, l’aggiustatina che ci diamo allo specchio prima di uscire di casa per andare a una grande festa. Siamo belli, dobbiamo essere perfetti!