La materia di cui è fatto un memoir

“Perché perdere tempo a inventarsi qualcosa quando il destino ti circonda di personaggi simili?”, scrive Mary Karr, nella sua introduzione a Il club dei bugiardi (traduzione di Claudia Lionetti, e/o, 2017). Si riferisce alla sua eccentrica madre e, in generale, alla sua famiglia. All’ordine del giorno, in casa sua, ci sono scenate folli e revolverate, tornadi del Texas, falò di materassi in giardino e una nonna con le gambe in cancrena. D’accordo, non tutti possono vantare di vivere in un ambiente così folcloristico, ma quando accade, ci si sente quasi in dovere di raccontarlo.

A me è successo così.

Ad avvicinarmi all’idea di scrivere un memoir, però, non è stata Mary Karr – che è arrivata anni dopo, quando ormai mi ero convinta di spiattellare tutto ai quattro venti – ma Augusten Burroughs, che con il suo Correndo con le forbici in mano (Traduzione di Giovanna Scocchera, Rizzoli, 2008) ha sdoganato in me quella vergogna insita nell’uscire allo scoperto: anch’io ho un familiare davvero fuori dagli schemi – e dai gangheri – e quello che succede in casa in casa mia non è fonte di vergogna ma può, in qualche modo, far ridere – deve far ridere.

Si dice che Burroughs abbia mentito (a partire dal suo nome, che in realtà è Christopher Robison) nel raccontare la storia di una madre paranoica che si diletta nello scrivere poesie, e di tanto in tanto parcheggia il figlio a casa di uno psichiatra disturbato e perverso, ma il punto non è quanto di ciò che ha scritto Burroughs sia vero, né quanta verità ci sia nel mondo di chi scrive memoir. Del resto, lo dice la parola stessa: si tratta di testi che hanno a che fare con la memoria, e la memoria in quanto tale è soggettiva e fallace, eppure attinge dalle parti più profonde e quindi più sentite di chi scrive.

Narrare di sé, della propria storia, non è guardarsi l’ombelico: una storia è una storia, un romanzo è un romanzo, lo slancio narrativo di chi scrive questo genere viene dalla materia che ci circonda ma a cui non si cambia il nome, personaggi compresi, e tutto questo ha un prezzo. Lo sa bene anche Tara Westover, che con il suo L’educazione (traduzione di Silvia Rota Sperti, Feltrinelli, 2018) ha descritto, elegantemente e senza giudizio, l’inferno della sua infanzia in una famiglia mormone dell’Idaho, in balia di un padre psicotico, costretta a rituali aberranti per prepararsi quotidianamente alla fine del mondo: “Il ricordo più vivo che ho non è un ricordo. È qualcosa che immaginavo e che poi ho iniziato a ricordare come se fosse successo”. La sua non è una storia a lieto fine; sebbene riesca a scappare e a costruirsi una propria educazione, rimane legata alle sue radici infestanti e deve prenderne le distanze, estirpando tutti i legami. Così ha fatto anche Patricia Lockwood in Priestdaddy. Mio papà, sacerdote (traduzione Manuela Faimali, Mondadori, 2020) raccontando gli aspetti estremi della sua formazione, il bigottismo dovuto alla religione e il bisogno ancestrale di libertà, contro il quale lotta ferocemente quando è costretta a tornare tra le mura domestiche. “La storia di una famiglia è sempre una storia di complicità”, ci dice, “È l’impossibilità di scegliere i segreti dei quali verrai a conoscenza”.

Questi segreti, quelli della vita di tutti, chi scrive memoir li deve selezionare e mettere in un ordine interno ma anche funzionale, che possa essere in qualche modo degno d’interesse. Non stiamo parlando di un diario che leggeremo soltanto noi, di uno sfogo intimista che rimarrà sepolto tra pagine scarabocchiate in un taccuino, ma di un percorso che cristallizza elementi fuggevoli e vitalissimi, per depositarli in un altro luogo, in un’altra vita che deve diventare comune, di chi legge. Il memoir è non è autofiction, anche se chi scrive diventa necessariamente un personaggio, si immerge nel contesto ma allo stesso tempo se ne distacca, altrimenti non si potrebbe raccontare. Quello che ho fatto scrivendo Sangue cattivo. Anatomia di una punizione (effequ, 2023) è stato smembrare parti di me e metterle sul lettino di una sala operatoria. Un luogo dove mi sono ritrovata più volte, mio malgrado, e dove si è trovato chi mi stava vicino.

Quando ho cominciato a scriverlo mio padre era ancora vivo e io non sapevo di essere malata – ora che ci penso, questa mia scelta potrebbe non essere stata di buon auspicio. Il sangue che gronda non è solo il mio, ma quello di tutta la mia stirpe, quello che ho ereditato e di cui non posso fare a meno, quello che non rinnego perché ha fatto di me ciò che sono, e mi ha regalato lo slancio di contrastarlo.

È dal racconto delle famiglie altrui che ho trovato la forza di raccontare della mia, è dalle sventure altrui che ho preso il coraggio di vivisezionare le mie. Una Creatura di Frankenstein tenuta insieme da dissennatezza e disgrazie condivise, che poi così disgrazie non sono, ma fanno parte del gioco e così entrano a far parte delle nostre storie.

Sangue cattivo beatrice galluzzi

L’AUTRICE – Beatrice Galluzzi, in libreria per effequ con Sangue cattivo – Anatomia di una punizione, è laureata in comunicazione nella Società della Globalizzazione. Vive a San Vincenzo, in provincia di Livorno, dove lavora come bibliotecaria e organizza laboratori culturali nelle scuole ed eventi culturali. È fondatrice e redattrice della rivista Donne Difettose. Ha partecipato alle antologie Repertorio dei matti della città di Livorno (Marcos y Marcos, 2016, a cura di Paolo Nori) e The dark side of the woman (Il Foglio, 2018). I suoi racconti compaiono in numerose riviste online.  e nel 2017 e nel 2018 è stata finalista al premio Giallo Mondadori. È inoltre organizzatrice del festival dedicato a scrittrici e sceneggiatrici ‘Marea Noir’.

beatrice galluzzi

Nel libro Beatrice è una donna difettosa; ha dietro di sé un ruvido passato di periferia romana, in balìa degli umori di un padre tanto squilibrato da sembrare comico, e del quale è convinta di aver ereditato la follia. Il presente, proprio quando con la morte del padre sembra aprirsi a un nuovo inizio, un trasferimento, un matrimonio, è soffocato dalla scoperta di una malattia autoimmune, e cadenzato da ospedali e cure che non sembrano funzionare. La felicità deve fare i conti con la costante sensazione di punizione di Beatrice: l’idea di meritarsi il proprio dolore. Un’idea che, tuttavia, viene combattuta a colpi di ironia, affrontando le paure e trasformandole in caricature mitologiche, e donandoci una storia tanto dolorosa quanto divertente che forse può meritarsi un lieto fine, o qualcosa che gli assomiglia.

Fonte: www.illibraio.it

Prix Clara Italia: il concorso letterario dedicato ai ragazzi e alle ragazze fra i 13 e i 18 anni

Sono gli adolescenti i protagonisti del Prix Clara Italia 2023, il concorso letterario dedicato ai ragazzi fra i 13 e i 18 anni nato in Francia nel 2006 e portato in Italia dalla casa editrice Marietti1820.

Il premio – come si legge nella presentazione del progetto – invita i giovani, che nelle prossime settimane riprenderanno l’anno scolastico, a raccontarsi e a condividere il proprio punto di vista sul mondo, realizzando un racconto breve a tema libero. Dare valore ai pensieri degli adolescenti, lasciando libero spazio alla fantasia e incoraggiare la scrittura, in un mondo che ha sempre più bisogno di conoscere le voci delle generazioni future.

“Il Prix Clara ci ha regalato l’emozione e il privilegio di essere letti per la prima volta, di vedere le nostre storie prendere vita all’interno di un libro, quando finora erano soltanto state una parte della nostra immaginazione”, racconta Bianca Tarantelli, vincitrice dell’edizione francese del Prix Clara 2022. “Oggi il premio mi ha lasciato una voglia insormontabile di continuare a scrivere. È stato un’occasione unica, che ha posato la prima pietra della mia piccola carriera da scrittrice”.

Le opere dei partecipanti saranno esaminate da una giuria presieduta da Alberto Melloni e composta da Eraldo Affinati, Luigi Aliprandi, Camilla Antonini, Teresa Ciabatti, Beppe Cottafavi, Giuliano da Empoli, Roberta Fantinato, Gianluca Montaldi, Stefano Montefiori, Valeria Parrella, Carla Rinaldi, Bernard Spitz, Sophie Stallini, Anna Segre, Bianca Tarantelli, Licia Troisi, Chiara Valerio, Paolo Valesio e Sandro Veronesi. La giuria selezionerà i racconti vincitori e assegnerà il Prix Clara Italia nella primavera del 2024 in una serata di gala organizzata dalla casa editrice.

Il concorso è stato istituito in Francia per volontà di Bernard Spitz in memoria della figlia Clara, morta improvvisamente per una malattia cardiaca all’età di 13 anni. I racconti dei vincitori saranno pubblicati da Marietti1820 e i proventi delle sponsorizzazioni e della vendita del libro saranno devoluti ai reparti e alle reti di ricerca della cardiologia pediatrica degli ospedali Sant’Orsola di Bologna e Bambino Gesù di Roma.

I requisiti per concorrere al Prix Clara Italia 2023 sono: avere fra i 13 (compiuti al 1° gennaio 2023) e i 18 anni (compiuti al 31 dicembre 2023); scrivere un racconto breve con argomento libero in italiano, da 5 a 20 pagine (da 7.500 a 30.000 caratteri, spazi inclusi); inviarlo per posta o via email entro il 13 novembre 2023. Il racconto deve essere corredato dai dati personali dell’autore o dell’autrice, da una dichiarazione datata e firmata in cui si certifica di aver scritto il testo senza l’aiuto di terzi e da un’autorizzazione a partecipare firmata da un genitore o da un tutore legale. Tutte le informazioni su mariettieditore.it/prix-clara-italia.

Fonte: www.illibraio.it

“Stesure”: una nuova collana dedicata al gesto dello scrivere

Cosa vuol dire scrivere? Come si fa? Esistono dei criteri universali? È dai tempi di Aristotele che l’uomo si pone queste domande. Nei secoli, di risposte ne sono state elaborate tante, nessuna definitiva ovviamente. Il meglio che possiamo fare, nel nostro piccolo, è contribuire al dibattito”: è con questo spirito che nasce Stesure, la nuova collana che Franco Cesati Editore ha affidato ad Alice Avallone (che dirige l’osservatorio di antropologia digitale BeUnsocial, lavora come ricercatrice per aziende e insegna data humanism alla Scuola Holden a Torino) e Leonardo Staglianò (scrittore e story editor).

Le Stesure avranno un comune obiettivo: “aiutare il lettore a comprendere il gesto dello scrivere, considerato nell’accezione più ampia possibile“.

I territori da esplorare sono infiniti, si spiega nella presentazione: si spazierà dalla narrativa al digitale, passando per il giornalismo e il public speaking, solo per fare qualche esempio. Il mezzo scelto per l’indagine, invece, sarà uno: il saggio ibrido. “Ricerca e memoir. Racconto personale e riflessione teorica”.

Sebbene differenti per stile e formazione, gli autori e le autrici dei volumi avranno due tratti in comune: scrivere in italiano e praticare la scrittura o, ancora meglio, viverla. Nelle intenzioni dei curatori, inoltre, “ogni voce si aggiungerà alle altre partecipando a un’ideale, e ininterrotta, conversazione su quest’antichissima attività umana”.

Seguendo una prassi consolidata, ratificata anche dal loro sindacato (WGA), gli sceneggiatori americani identificano le diverse stesure di un film con un colore anziché un numero. La prima, scritta di getto, è bianca; la seconda, più ragionata, blu; la terza, magari figlia del confronto con un produttore, rosa. E poi giallo, verde, oro, camoscio, salmone, ciliegia. Nove colori, e se necessario si ricomincia. Per il suo progetto grafico Stesure s’ispira a questa palette…

Quanto alla linea editoriale, ogni volume “delimiterà un diverso perimetro, talvolta ampio, talvolta settoriale“: e così, “la scrittura di fiction potrà essere oggetto sia di un saggio interdisciplinare, sia di più testi dedicati a specifici ambiti (romanzo, scrittura seriale, podcast di finzione). Lo stesso potrebbe accadere nell’esplorazione di un genere, sia esso il thriller, l’horror o la commedia; non ci sono preclusioni…”.

I primi quattro libri usciranno nel 2024: Staglianò esplorerà il mondo della drammaturgia (teatro, cinema, serie tv); il regista Alessandro Avataneo affronterà la sfida di definire i fondamenti dello storytelling; la data humanist Avallone si chiederà cosa vuol dire scrivere il futuro, ovvero intercettare i nuovi trend; l’esperta di comunicazione Gaia Passamonti si occuperà di scrittura corporate da una prospettiva umanista.

Intanto i curatori sono già alla ricerca di nuovi testi (saggi ibridi scritti in italiano e dedicati alla scrittura). Rispettando le precise richieste dell’editore, le candidature possono essere inviate alla mail collanastesure@gmail.com.

Quanto al marchio Franco Cesati Editore, attivo da 37 anni, opera nel campo della linguistica, della filologia e della letteratura.

Fonte: www.illibraio.it