«Non si devono toccare gli idoli, altrimenti la doratura resta incollata alle dita.»

Carlo Animato è autore di Il falsario di reliquie, romanzo vincitore del Torneo 2015, da oggi in libreria per TEA.

Il libro in una frase
«Non si devono toccare gli idoli, altrimenti la doratura resta incollata alle dita.»
In questa bellissima esortazione di Flaubert è il senso del romanzo, il quale prende spunto dal duplice omicidio di due ladri di oggetti sacri in fuga e racconta un bizzarro episodio di cronaca: evento che, nel giro di una settimana appena, sconvolgerà la pacifica cittadina svizzera. Una storia vera fatta di truffe e falsari, cristiani cristianissimi ed ebrei ingegnosi, apparizioni della madonna e statue che lacrimano sangue, fantasmi inquieti, collezionisti di reliquie per lucrare indulgenze nell’aldilà e monasteri in lotta fra loro per vanità e potere mondano. Insomma una girandola misteriosa e tragicomica di eventi, tutta incentrata sugli effetti collaterali della fede…
Amici di scaffale 
La nave dei folli di Sebastian Brant. 
Il nome della rosa di Umberto Eco. 
Una donna vestita di sole di Autori Vari. 
Il mercato di Dio di Philippe Simonnot. 
Furta sacra. La trafugazione delle reliquie nel Medioevo di Patrick J. Geary.
Segni particolari 
«I venditori di reliquie, che non si perdono mai una sagra, proclamano pubblicamente che quanto portano nel sacco è la paglia che stava sepolta profondamente sotto la mangiatoia di Betlemme, oppure l’osso dell’asina di Balaam, una penna dell’ala di san Michele oppure una briglia del cavallo di san Giorgio o il sandalo di santa Chiara…» 
Cinquecento anni fa l’umanista tedesco Sebastian Brant denunciava stupidità e strumentalizzazioni religiose da parte di una società fatta di credenti feticisti, superstiziosi e creduloni. E oggi, come siamo messi oggi?
Tag
Garofani, Domenicani & Clarisse, Guardie Svizzere, Maria Maddalena & Immacolata Concezione, Amore & Morte.
Dove e quando 
A Berna, nella settimana di Pentecoste dell’Anno Domini 1507.

Come e perché ho deciso di partecipare a IoScrittore
Se una notte d’inverno uno scrittore si ritrova col suo manoscritto inesorabilmente rifiutato da agenti competenti, editor mammasantissima e case editrici di ogni ordine e grado, un minimo di misura, un rigurgito di dignità, un soprassalto di consapevolezza dovrebbe spingerlo alla rassegnazione, alla rabbia o, nei casi patologici, al suicidio. 
Ma poiché, nel mio caso, nulla ho della grandezza titanica di un Morselli o del portentoso talento di Poe (e non facendo per me la proiezione esemplare dell’autore riconosciuto postumo, respinto in vita dall’incomprensione dei giudici), un po’ ammaccato ma sopravvissuto al generale rifiuto, mi confidai con la mia musa ispiratrice, a cui il romanzo è dedicato. Lei mi suggerì il Torneo promosso dalla GeMS, democratico e adrenalinico, nel suo sviluppo epico che, sotto il fuoco incrociato dei colleghi autori-giudici, ridusse via via i partecipanti da oltre 3800 a uno soltanto. 
Io scelsi uno pseudonimo beneaugurante che mi lega sentimentalmente a Riccardo Cucciolla, Nino Manfredi, Luigi Zampa e, soprattutto, a Nikolaj Gogol’. E mi iscrissi.
In una bellissima domenica di dicembre, nel sole mattutino che inondava Napoli, la voce benedetta di una editor gentile e spiritosa mi attribuì la palma della vittoria. Ed eccomi qua, adesso, affidato al giudizio della più vasta platea di lettori…  

I ragazzi e la scrittura: un’arte marziale dell’anima

Una volta, in un libro intitolato Nel giardino segreto. Nascondersi, perdersi, ritrovarsi. Itinerari nella tana dei giovani lettori (Equilibri 2009), ho scritto più o meno così: “L’anima è un posto immenso, una landa sconfinata e lontana: lontana anche se è vicina, anche se è qui, in noi. Comincia qui, dove siamo ora, e finisce chissà dove e chissà quando. Noi conosciamo una parte minuscola di questo nostro Impero. Siamo il Kubilai Kahn di noi stessi, abitiamo nella Capitale, conosciamo soltanto le sue vie. I poeti sono i nostri Marco Polo, che noi mandiamo nelle remote periferie del nostro Impero, perché vadano e tornino e ci raccontino ciò che hanno visto”.

Si può estendere questo discorso dagli scrittori alla scrittura. La scrittura è il Pathfinder, il Cercasentieri dell’anima. Non capisci chi sei, cosa vuoi, cosa ti sta succedendo? Scrivilo. Non lo capisci ancora: scrivilo meglio. Non ti vengono le parole? Usa trucchi.

Per esempio: scrivilo in rima. La rima è come la corda per le cozze, negli allevamenti. Senza corda, le parole cozze non sanno dove attaccarsi e si perdono via nel grande mare della chiacchiera: con la corda si mettono lì belle in fila, e restano.

Scrivilo in rima ma non scegliere la prima: prova con la terza o con la quinta che ti viene. La prima è la più comune, quella che viene a tutti: la terza no, viene a pochi. La quinta poi forse solo a te. Vedrai che la rima a volte – se sei fortunato, se ti alleni, se diventi bravo, e se lei vede che diventi bravo – ti fa un dono: ti fa dire ciò che non volevi dire. E quello a sorpresa, proprio perché non lo volevi dire, diventa ancora più tuo, solo tuo. E splende. Ma non solo: quando poi lo fai leggere a qualcuno, può accadere che lui dica: “Questa cosa splende. Si vede che non è come le altre, è solo tua. Ma è strano: è come se fosse… anche solo mia”. Click. Il gioco è fatto. “È nostra”. Hai scritto da scrittore.

Magari accade che nel tuo ambiente la rima non goda di buona fama, perché fa odore di scuola e di secchioni. E tu non chiamarla rima: chiamala rap. E non chiamare te stesso poeta, chiamati rapper. O magari, se scrivi in prosa, chiamati blogger. E nel farlo, fra te, con un sorriso, registra come sono importanti le parole. Chiamare la stessa cosa con un altro nome cambia la cosa, se il nuovo nome è giusto. E questo non è un superpotere? Cambiare le cose senza toccarle? La scrittura è un’arte marziale.

Un mio amico scrittore, sincero e sfrontato, infatti diceva: “Io ho cominciato a scrivere perché ci si faceva le ragazze”. È perfetto iniziare così. Perché magari a volte, se si continua, si scopre che la scrittura – il Pathfinder, il Marco Polo, la katana invisibile – “fa” anche altre cose alla vita, oltre a conquiste d’amore. Altre e diverse. Dalle più semplici e scontate, come far scrivere bene una prova d’ingresso, una mail, un qualcosa che forse darà lavoro; alle più misteriose, così misteriose che non si possono dire. Ma le dicono le storie antiche: è il Verbo il Sistema Operativo Iniziale del mondo. Ed è un foglietto che si mette in bocca al Golem per farlo partire, al tuo servizio: in quel foglietto c’è qualcosa scritto. Ma dev’essere scritto “bene”. Scrivila la tua vita, che conviene.

Bruno Tognolini

L’AUTORE E IL SUO NUOVO LIBRO – Bruno Tognolini, tra gli scrittori per ragazzi (e non solo) più amati, è tornato in libreria con Giardino dei Musi Eterni (Salani). In questo romanzo mai come prima, Tognolini- due volte premio Andersen – ha raccolto e fuso i temi che più gli sono cari con la creazione di un mondo perfetto di felicità e innocenza in una storia dal ritmo cinematografico e con una lingua piena di invenzioni e poesia. Un libro che trasmette un messaggio ecologico, e soprattutto spirituale, sulla natura del mondo: non annoiarsi mai di essere se stessi.

 

Fonte: www.illibraio.it

Come si diventa scrittori?

Quello che si scrive è quello che si sceglie di vedere del mondo.
Alla fine, la scrittura e lo stile personale sono questo: quello che si sceglie di vedere. Su milioni di espressioni, colori, gesti, noi ne vediamo alcuni e non altri… e di quelli scriviamo, e su quelli costruiamo le nostre storie.
 
Raffaella Silvestri, autrice del romanzo «La fragilità delle certezze», pubblicato da Garzanti, ci ha raccontato che cos’è la scrittura per lei. E per te? Cosa rappresenta la scrittura? Perché per te è così importante?
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