“Quando è nato mio figlio la mia esperienza del tempo è cambiata”: Sarah Manguso si racconta

S’intitola Andanza, fine di un diario il nuovo “meta-libro” di Sarah Manguso (NN editore, traduzione di Gioia Guerzoni) dedicato alla narrazione di un diario: un diario del diario, un memoir di un memoir.

La scrittrice, autrice de Il salto (NN editore, traduzione di Gioia Guerzoni), propone una riflessione sul significato della scrittura e della memoria, raccontando in prima persona il bisogno di annotare ogni fatto della propria vita e delle proprie giornate, nella frenetica angoscia di dimenticare qualcosa, nel bisogno di registrare per vivere, fin quasi a credere che quanto non viene trascritto nel diario viene perduto, come se quell’istante non fosse stato vissuto. Allo stesso tempo, il diario presenta all’autrice un dilemma: il dilemma della scrittura che si nutre della vita fino a consumarla, poiché tutto il tempo trascorso a riempire le pagine di quei diari è tempo sottratto alla vita vissuta.

Andanza Sarah Manguso diario Andandza

Nell’oscillazione tra scrivere per ricordare, nella convinzione che quello che non viene annotato non è stato vissuto, e che la scrittura sottrae spazio alla vita, si consuma l’ossimoro che sta al cuore di Andanza, fine di un diario, la narrazione breve ma intensa di come si sono conclusi i venticinque anni di diari: con una nuova vita, letteralmente.

ilLibraio.it ha intervistato la scrittrice americana, nota soprattutto come autrice di poesie e short stories, per parlare del nuovo libro e del significato della scrittura:

Sarah Manguso, come è nata l’idea di un libro che fosse il diario della scrittura di un diario? 
“È nato come un libro sulla neurofisiologia della grafomania (lo studio degli aspetti celebrali dell’ossessione di scrivere continuamente, ndr), ma appena ho cominciato a lavorare a quel libro ho capito che non avevo alcun interesse a proseguire.”

Come mai?
“In quel periodo venne al mondo mio figlio e la mia esperienza del tempo ha cominciato a cambiare, a piegarsi. Era qualcosa di molto più interessante del libro sulla grafomania, che invece si rese utile riducendosi a una singola pagina, tra le altre che compongono Andanza”.

La necessità di scrivere per non dimenticare è protagonista nel suo libro: voleva scrivere della scrittura stessa o della necessità di ricordare?
“Volevo descrivere le sensazioni di una persona che passa dall’aver bisogno di trascrivere ogni cosa al capire che prendere nota di tutto non è necessario, né sufficiente”.

Il suo libro dà l’impressione che la scrittura si nutra della vita ma, allo stesso tempo, impedisca di viverla: il tempo dedicato a registrare è tempo non vissuto. È veramente così, per lei?
“Assolutamente, sì: in ogni istante ci troviamo costretti a scegliere se vivere quel momento o documentare la nostra vita, scrivendo. Non esiste una via di mezzo tra le due opzioni”.

Eppure la scrittura di un diario diventa necessaria alla vita: la vita che non viene registrata non viene vissuta. È questo che l’ha spinta a tenere un diario?
“Ero un’adolescente sensibile che scriveva in un diario tutto quello che le succedeva. Come tutti gli adolescenti”.

Alla fine, soltanto un’altra vita, la gravidanza, riesce a spezzare questo nesso tra il diario e la vita, riportando l’attenzione dalla parola scritta alla vita vissuta.
“Non era mio figlio di per sé, a rendere l’esperienza interessante ai miei occhi; quello che mi affascinava era il fatto di essere diventata lo ‘sfondo’ nella vita di un’altra creatura”.

Cosa intende dire?
“Come spiego nel libro, avevo realizzato di essere diventata parte dello sfondo, del contesto, in un mondo in cui mio figlio era l’attore principale. Io ero il tempo”.

Nella postfazione annota che la sua intenzione era quella di non citare all’interno del libro pezzi del suo diario, perché “un libro che parlasse di pura esperienza non poteva citare delle fonti”. Eppure il diario è una presenza costante.
“Non avevo la pazienza necessaria a leggere tutto il diario con l’occhio critico di un editor, e non potevo tollerare l’idea di scegliere arbitrariamente quali passi del diario includere. Così non ne ho inserito nessuno”.

Come lettrice, quali sono gli scrittori contemporanei che apprezza di più?
“Questa domanda mi mette sempre in difficoltà perché mi preoccupa l’idea di dimenticare qualcuno e la preoccupazione mi porta una sorta di amnesia, così va a finire che dimentico veramente la metà dei nomi. Però posso dire che nel 2017 (ho consultato il diario per sicurezza) mi hanno salvata i lavori di Elena Ferrante, in traduzione, Rachel Cusk, John Jeremiah Sullivan, Rachel Kaadzi Ghansah, Ottessa Moshfegh, Annie Dillard, Sheila Heti, Sarah Kendzior, Melissa McEwan, Eula Biss, Ta-Nehisi Coates e Leah McElrath”.

Fonte: www.illibraio.it

Tra i vincitori di IoScrittore un romanzo sugli “Angeli del conforto” del regime nazista

“Ho partecipato in realtà quasi per caso. Avevo da poco finito di scrivere il romanzo e cercavo una casa editrice per pubblicarlo. La formula poi mi affascinava, essere letto da perfetti sconosciuti, che dietro l’anonimato del web avrebbero potuto sbizzarrirsi in commenti più o meno lusinghieri, ma probabilmente senza filtri. Avevo bisogno di qualcosa di obiettivo, che andasse al di là del giudizio degli amici e dei parenti.” Così Leonardo Niglia, torinese, descrive la sua esperienza a IoScrittore, torneo letterario gratuito promosso dal Gruppo editoriale Mauri Spagnol. 

L’autore, che ama viaggiare e mangiare giapponese, vorrebbe imparare il portoghese e saper suonare la tromba, ma per il momento si dedica alla scrittura: il suo romanzo Angeli del confronto è tra i dieci vincitore del torneo ed è in uscita in versione ebook.

Il romanzo si ambienta nella Germania della II guerra mondiale, dove Leni Reinhardt, ragazza tedesca cresciuta sotto il nazionalsocialismo, viene arruolata nell’Aktion T4, un progetto segreto che mira a ripulire la razza ariana da tutte quelle imperfezioni che il nazismo considera indegne di vivere, in quanto “contaminazioni” della purezza della razza. Leni si ritrova in un edificio dove vengono rinchiusi e fatti sparire tutti gli affetti da malattie genetiche, mentali, gli alcolisti e molti altri: lei e i suoi colleghi vengono chiamati gli “angeli del conforto” perché hanno il compito di scrivere false lettere ai familiari dei reclusi, informandoli della loro “accidentale” scomparsa.

Angeli del conforto

Complice di uno dei crimini più orrendi della storia, Leni sarà costretta a confrontarsi con l’orrore di cui è testimone, in un edificio in cui la quotidianità dello sterminio si trasforma in tragica monotonia.

Fonte: www.illibraio.it

Non c’è un antidoto al male, ma non per questo è inutile vaccinarsi

Leonardo Niglia è autore di Angeli del conforto, romanzo edito da IoScrittore

Il libro in una frase
Sullo sfondo di una guerra che ogni giorno si fa più cruenta, la vita di una ragazza negli ingranaggi infernali del programma di sterminio nazista Aktion T4.
Amici di scaffale
Lo speciale tv di Marco Paolini, Ausmerzen, vite indegne di vita; Berlin Alexanderplatz di Döblin; Foto di gruppo con signora di Heinrich Böll; Addio a Berlino di Isherwood; Gli errori degli amanti e Berlino Segreta di Franz Hessel. Sono stati fondamentali per permettermi di calarmi nella realtà del tempo, cercando di pensare, senza pregiudizi, come un berlinese cresciuto agli inizi del secolo scorso. 

Segni particolari
Il fulcro su cui ruota tutto il romanzo e che ho voluto fosse sempre al centro del mio scrivere nei mesi di lavoro è stato ricreare la normalità del male. Quello che ho cercato di fare è stato provare a creare un personaggio, quello di Leni, che andasse al di là di ogni pregiudizio o stereotipo. È una persona normale, viva, che agisce in un determinato contesto. Lo stesso punto di vista, quello del monologo interiore, è funzionale al tipo di narrazione e all’impostazione che ho voluto dare al romanzo. Leni più che parlare a noi, parla a se stessa. Non è una confessione né un diario, solo un’istantanea del suo mondo, quello in cui crede, le persone che ama, il suo lavoro quotidiano.
Tag 
Nazismo, Hitler, Berlino, T4, Olocausto, Soluzione Finale, Ebrei, Seconda Guerra Mondiale, Eutanasia, Giornata della memoria, Shoah, Crimine, Eugenetica, Camere a gas, Handicap, Disabilità, SS, Medici SS, Diario, Infermiera, Campo di concentramento, Germania, Totalitarismo.
Dove e quando
Il romanzo è ambientato in un preciso arco di tempo: dal gennaio/febbraio 1940 al luglio/agosto 1941 in un Edificio non meglio identificato, sede decentrata del programma T4. Ovviamente siamo nel pieno vigore della Germania nazista. Tutto il romanzo si svolge all’interno delle mura claustrofobiche dell’Edificio in cui Leni e gli altri personaggi vivono in un’ atmosfera chiusa, soffocante, alienante. Rileggendo il testo in vista della pubblicazione, tuttavia, mi sono reso sempre più conto di quanto la storia di Leni sia paradigmatica di un certo agire umano e di come, banalmente, la malvagità che ha condotto ai campi di sterminio sia tutt’altro che eccezionale, ma assolutamente ripetibile in una società senza anticorpi, come poteva essere quella tedesca del primo dopoguerra. C’è una frase nel romanzo che amo molto e, secondo me, rende bene l’idea di quel che voglio dire: “Le circostanze creano un destino che ci conduce inesorabilmente ad azioni colpevoli”. La conclusione, forse un po’ pessimistica, è che non c’è un antidoto al male, ma non per questo diventa inutile vaccinarsi.

Come e perché ho deciso di partecipare a IoScrittore
Vi ho partecipato in realtà quasi per caso. Avevo da poco finito di scrivere il romanzo e cercavo una casa editrice per pubblicarlo. Google mi ha indirizzato, nel grande caos della rete, verso questa realtà. Mi sono detto, perché no? La formula poi mi affascinava, essere letto da perfetti sconosciuti, che dietro l’anonimato del web avrebbero potuto sbizzarrirsi in commenti più o meno lusinghieri, ma probabilmente senza filtri. Avevo bisogno di qualcosa di obiettivo, che andasse al di là del giudizio degli amici e dei parenti. Ci ho provato e direi che mi è andata bene, per essere la prima volta.