I consigli di Mirko Zilahy per arrivare a pubblicare un romanzo

 

“Zilahy fa brillare Roma di una luce nera, bellissima.” Donato Carrisi

Mirko Zilahy è nato a Roma dove vive. Si è laureato con una tesi su Dracula di Bram Stoker e ha conseguito un Phd al Trinity College di Dublino dove ha insegnato lingua e letteratura italiana. Collabora con il Corriere della Sera, traduttore dall’inglese (sua la versione italiana del Cardellino di Donna Tartt), è stato editor per minimum fax. Così crudele è la fine conclude la trilogia di romanzi che vede protagonista il commissario Enrico Mancini dopo È così che si uccide e La forma del buio (tutti pubblicati da Longanesi). Molto apprezzato dalla critica e dal pubblico i suoi libri sono stati tradotti nei principali Paesi esteri, tra cui Germania, Spagna e Francia.

 

I giudizi della stampa:

«Finalmente anche Roma ha il suo grande commissario: “Enrico Mancini.”» Der Spiegel

«La tensione narrativa è un dono che pochi scrittori sono in grado di garantire. E se è vero che per un buon risultato, oltre al talento è necessaria la tecnica, Mirko Zilahy dimostra di possedere l’una e l’altra.» Silvana Mazzocchi, la Repubblica

«Il romanzo di Zilahy convince e scorre come un fiume in piena, perché il ritmo è di quelli hard, la storia ha una precisa, umana valenza emotiva, e l’affresco di una Roma settembrina offuscata da una pioggia incessante che cancella prove e ricordi, è di quelli che fanno svettare un bel noir oltre la soglia delle convenzioni.» Sergio Pent, ttL – La Stampa

«Dentro un tragico gioco di specchi sia l’assassino sia il commissario di Montesacro cercano la propria identità in un sapiente meccanismo introspettivo. Insomma un thriller anche psicologico, ma nel senso migliore del termine.» Fabrizio D’Esposito, il Fatto Quotidiano

Lo scrittore Ben Marcus: “La società ha fallito nel riconoscere il vero potere delle parole”

Le parole sono portatrici di una malattia mortale che sta mettendo in ginocchio la popolazione della costa est americana. Gli unici immuni sono i bambini e i ragazzini che, strabiliati dal loro stesso potere, si divertono ad aggredire parenti e sconosciuti con fiumi di parole. Al centro del racconto Sam e Claire, due genitori malati per via delle parole pronunciate da Esther, la figlia adolescente. Questo è  L’alfabeto di fuoco (edizioni Black Coffee, traduzione di Gioia Guerzoni), il nuovo libro di Ben Marcus, anche autore del romanzo Notable Women, ancora inedito in Italia, e di due raccolte di racconti, una delle quali, Leaving the Sea, verrà tradotta prossimamente sempre da Black Coffee. ilLibraio.it ha intervistato lo scrittore americano classe ’67.

Ben Marcus

Nel suo romanzo le parole uccidono. Nella realtà quanto è importante usare le parole con attenzione?
“Non ho inventato nulla scrivendo che le parole possono uccidere: sappiamo che sono potenti e possono essere usate per ferire gli altri, nascondere fatti, distorcere la realtà. La società ha fallito nel riconoscere il vero potere delle parole: le usiamo nel quotidiano per scopi superficiali e dimentichiamo che possono essere usate come un’arma. In America il Presidente non rispetta le parole e ne abusa ogni giorno: inevitabilmente i cittadini risentono di questo suo comportamento”.

Margaret Atwood ha raccontato di aver deciso di scrivere Il racconto dell’Ancella descrivendo solo situazioni già accadute nella storia dell’umanità. Lei come ha scritto L’alfabeto di fuoco?
“Esagerando la realtà. Esiste una tensione tra genitori e figli. Spesso i bambini non hanno alcun potere ma capiscono come acquisirlo con il pianto. Ero interessato a immaginare cosa accaderebbe se, chi non ha mai avuto potere, ne entrasse in possesso. La mia visione è negativa, perché il potere viene usato per controllare gli altri. Del resto storicamente si è sempre abusato del potere”.

Secondo lei il rinnovato interesse per il genere distopico è una conseguenza della situazione politica?
“Ho sentito dire che i romanzi distopici sono morti. Potrebbe darsi. In televisione e nei film c’è un’ossessione nel raccontare storie sulla fine del mondo. In ogni momento storico gli esseri umani vogliono affermare che il tempo in cui vivono è il più importante, che forse vedranno la fine della civilizzazione. Vogliamo dare un significato speciale a quello che ci accade. E poi c’è un certo fascino nell’immaginare la fine di tutto, quindi ci inventiamo storie sull’apocalisse. Ora c’è grande attenzione per clima ed ecologia, sia nei film sia nei libri, perché il cambiamento climatico fa paura”.

Crede che a quasi due anni dalle elezioni la letteratura si stia facendo testimone della situazione politica americana?
“Alcune volte la letteratura si contrappone alle notizie. Dopo l’11 settembre tutti si chiedevano dove fossero finiti i romanzieri perché ci si aspettava un loro commento. Ma in realtà gli scrittori hanno risposto ognuno a suo modo e secondo i propri tempi. Lo stesso sta accadendo ora: conosco autori che stanno già lavorando a storie che c’entrano con Trump, ma anche altri che sono interessati a raccontare questo tipo di estremismo con la fiction. In ogni caso è impossibile tenere il mondo fuori dalla propria scrittura”.

Nel suo caso in che modo sta rispondendo a questa crisi?
“Mi sento consumato dalle informazioni sul collasso degli Stati Uniti, ma non so quanto rappresenterò questa situazione nelle mie opere, anche se sono sicuro che sia impossibile da ignorare. La narrativa ha bisogno di un po’ di tempo prima di iniziare a raccontare la realtà”.

Oltre che scrittore è anche docente di scrittura: per un aspirante autore quanto è importante lo studio?
“Negli Usa si dibatte spesso dell’utilità delle scuole di scrittura. Un fatto interessante perché da sempre la danza, la musica e la pittura vengono insegnate. Ma con la scrittura avviene una sorta di protezione, come se si volesse credere che si tratta di un’attività magica, che non si può insegnare. Io invece credo che si possa imparare. Soprattutto se lo si fa con un gruppo di persone che credono nell’importanza del linguaggio e lo vogliono usare come strumento per fare arte”.

Ci sono autori a cui si è ispirato per il romanzo?
“Di sicuro Kafka e Borges, ma anche Kazuo Ishiguro, John Maxwell Coetzee e Angela Carter”.

Fonte: www.illibraio.it

Una protagonista unica per un thriller avvincente

Claudio Leonardi è autore di Leningrado: la congiura dei ricordi, romanzo edito da IoScrittore

Il libro in una frase
Nell’Urss in decadenza, l’indagine di una psichiatra tra complotti e bugie.

Amici di scaffale
La valigia, di Sergej Dovlatov e Gorki Park, di Martin Cruz Smith, grandi fonti di ispirazione apparentemente distanti tra loro.

Segni particolari
Thriller crepuscolare, al femminile.

Tag
#leningradonoir

Dove e quando
Leningrado e Kiev, 1978. Siamo vicini e lontani dagli anni Ottanta, che cambieranno tutto.

Come e perché ho deciso di partecipare a IoScrittore
Cercavo su Internet un approdo per un testo precedente e ho scoperto IoScrittore: per me è il perfetto antidoto alla tentazione dell’autopubblicazione, ma anche alle troppe (frustranti) barriere nell’editoria classica. È gratuito e aperto a tutti, ma obbliga ad affrontare critiche severe. Costringe a tempi certi di consegna, permette il confronto con professionisti del settore e lettori senza reticenze, quindi apre le porte di una grande casa editrice. E poi… vedere i difetti nei romanzi altrui è, ahimé, più facile, ma aiuta ad accorgersi dei propri. O almeno dovrebbe.

Torneo IoScrittore: l’ebook “Leningrado, la congiura dei ricordi” di Claudio Leonardi

Claudio Leonardi è tra i finalisti del torneo letterario gratuito IoScrittore con Leningrado, la congiura dei ricordiun romanzo in uscita in ebook, ambientato in un manicomio di Leningrado durante il regime sovietico.

Rivivere sempre lo stesso ricordo, trovarsi prigionieri di un singolo giorno della propria infanzia: è uno strano caso di amnesia quello che affligge Ivan Volkov, illustre astrofisico internato dal regime sovietico in un manicomio di Leningrado riservato a dissidenti e alienati mentali. E sono ancora più strane le insistenze degli apparati di Stato perché a occuparsi del suo caso sia Kristina Danilova, brillante psichiatra, specializzata però nello studio dei neonati. Per quale ragione è stata scelta proprio lei? C’entra forse suo padre, anche lui medico conosciuto e influente, con il quale Kristina ha interrotto da anni i rapporti? Cercando di scoprire di più su Volkov e affrontando l’atmosfera plumbea e velenosa dell’Unione Sovietica, dove tutti nascondono un segreto e dietro le facciate della propaganda si intrecciano giochi di potere che disprezzano la vita umana, Kristina si ritroverà catapultata in un intrigo che coinvolge spie, dottori e criminali, e in cui al centro sembra esserci un passato misterioso ma ancora troppo vicino, che non cessa di allungare le proprie ombre sul presente…  

Leonardi, nato a Milano nel 1970, vive a Torino dal 2008. Giornalista professionista, ha scritto di viaggi e natura per Oasis e altri periodici. È stato redattore del mensile Macworld, vice caporedattore della rivista PcWorld e collaboratore di Lastampa.it. Sul trimestrale di fantascienza Robot, dove curava una rubrica sui fumetti di genere, ha pubblicato il suo primo racconto fantanoir, Anima(le). Questo è il suo romanzo d’esordio.

Fonte: www.illibraio.it

Se il cuore è troppo caldo

Mi è capitato in passato di curare un corso di scrittura con Sebastiano Vassalli, l’autore di La chimera e altri fortunati romanzi sul carattere degli italiani. È stata un’esperienza emozionante e unica. Avevamo dato alcuni temi che i partecipanti al corso avrebbero dovuto sviluppare in due pagine di racconto.

A turno dovevano leggere ad alta voce le loro opere e io dovevo dare lì per lì il mio giudizio e offrirgli i miei consigli. Non era facile, ogni tanto Vassalli interveniva a integrazione dei miei interventi.

Ricordo questa esperienza perché ho ancora dentro l’emozione di trovarmi con tante persone ciascuna con capacità diverse e tutte pronte a mettersi in gioco di fronte agli altri.

I consigli di scrittura a poco a poco diventavano un terreno su cui provare a misurare il perimetro della propria vita, le parole messe sulla pagina e quelle aggiunte a voce a poco a poco formavano un’unica storia che prendeva respiro e diventava racconto. Il racconto di noi che eravamo lì tutti insieme e che in modi diversi cercavamo di conoscerci e di trovare un terreno comune di confronto. Stavamo scrivendo insieme dei brani della nostra storia.

L’ultima parola a Vassalli. L’ultimo giorno. Fu perentorio e inaspettato. Disse “Siete stati molto bravi, avete fatto tutti un lavoro egregio, anche tu Lorenzo, però adesso buttate via tutto. E ricominciate daccapo. Avete dato fiato alle vostre emozioni, bene. Adesso dovete costruire una narrazione e per farlo dovete raffreddare i vostri cuori, prendere le distanze da quello che avete vissuto e provare a proiettarvi in un’altra dimensione, tutta da inventare, anche se vorrete raccontare la vostra storia. Altrimenti non riuscirete mai a scrivere un libro. Con l’animo in subbuglio e il cuore caldo non andrete da nessuna parte”.

Le parole di Vassalli non ammettevano repliche e naturalmente raffreddarono il clima empatico che si era creato, ma servirono a tutti per capire con quale atteggiamento mentale e disposizione d’animo ricominciare a lavorare.

Come dire: la letteratura racconta i sentimenti ma chi scrive non può subirli. Solo dopo averli allontanati e lasciati depositare, essi possono diventare gli ingredienti e il motore di una storia.

Grazie Sebastiano.

I consigli per pubblicare un libro dallo scrittore e docente di scrittura creativa Gianluca Morozzi

Pubblicare un libro non è facile, né sempre uguale per tutti. Per aiutare chi ha un romanzo nel cassetto, abbiamo chiesto qualche consiglio a Gianluca Morozzi, scrittore, musicista, conduttore radiofonico, docente di scrittura creativa e direttore editoriale di Fernandel. Autore di romanzi, saggi, racconti, graphic novel, tra i suoi numerosi libri ricordiamo: Blackout, L’era del porco, Chi non muore, Radiomorte, l’Emilia o la dura legge della musica, Lo specchio nero. Il suo ultimo romanzo è Gli annientatori (TEA, 2018), che Robinsonla Repubblica ha definito: “Un horror ben costruito con omaggi al cinema di Pupi Avati e al fumetto splatter italiano.”

“Gianluca Morozzi possiede una disinvoltura stilistica innata.” Sergio Pent, ttL – La Stampa

Come hai pubblicato il tuo primo romanzo?
Con un metodo all’antica: ho scelto quello che mi sembrava potesse essere l’editore giusto per quel romanzo, un editore come Fernandel, attento agli esordienti, e l’ho mandato in una busta gialla senza neppure sapere che faccia avesse. Era il 30 novembre. Mi ha telefonato l’editore il 31 dicembre per dirmi che l’avrebbe pubblicato. Fu un bel capodanno.

Che cosa ti ha dato il rapporto con l’editore e con l’editor della casa editrice?
Mi sono rapportato con diversi editor ed editori, in questi anni, con alcuni mi sono trovato a meraviglia, con altri ho avuto rapporti più blandi, ma c’è sempre stato assoluto rispetto delle professionalità e delle competenze. Da certi/certe editor ho imparato la precisione e l’attenzione in quello che si scrive.

Quando scrivi pensi a un lettore ideale?
A volte sì, ma proprio nel senso di una figura precisa di mia conoscenza, un amico o un’amica che cambia sempre, a seconda di quel che sto scrivendo. Se piacerà a quella persona, penso, piacerà a tutti.

Che importanza hanno le riscritture?
Io ne faccio tre. La seconda è quella con cui provo a dare forma alla prima orrenda stesura, taglio, cucio, incollo, aggiungo molto, perché in prima battuta tiro via. Finita quella faccio decantare un po’, e poi passo alla terza, quella più tecnica e di limatura. Dopo tre stesure, il romanzo è pronto a partire.

Quali consigli daresti a un aspirante scrittore?
Non leggere solo classici. Non leggere solo contemporanei. Non aver paura di copiare, all’inizio, per trovare un tuo stile. Poco alla volta ti libererai delle influenze più palesi. E non ti scoraggiare: io ho partecipato a 80 concorsi letterari, negli anni Novanta, e ne ho persi 80.

Dalla tua esperienza come docente di scrittura creativa, c’è un errore, o una ingenuità, che ricorre con maggior frequenza tra i tuoi allievi?
I dialoghi spesso innaturali, molto didascalici. Insisto molto su quel punto. E la difficoltà a trovare un passo, un ritmo. Tutte cose che si superano.

I giudizi della stampa su Gli annientatori:

Gli annientatori è frutto di contaminazioni che arrivano dalle serie televisive e dai videogame, me è soprattutto un libro in cui viene voglia di immergersi, facendo attenzione a quello che ti può capitare.” Mucchio

“La lettura è piacevole, la storia è intrigante e chi è un fan di Morozzi non rimarrà deluso.” Wired

Proclamate le 300 opere finaliste dell’VIII edizione del Torneo letterario IoScrittore

Sabato 12 maggio, in occasione del Salone internazionale del libro di Torino, sono stati resi noti i 300 finalisti di questa VIII edizione di IoScrittore, il torneo letterario online del Gruppo editoriale Mauri Spagnol, che quest’anno ha contato oltre 2.200 iscritti sul sito www.ioscrittore.it.

Durante la tavola rotonda a cui hanno preso parte tra gli altri Fernando Aramburu (Premio Strega Europeo 2018. Guanda), Hanne Ørstavik (una delle più importanti scrittrici nordiche contemporanee. Ponte alle Grazie) e Alice Basso (autrice di gialli italiani che hanno per protagonista una ghostwriter. Garzanti), sono stati annunciati i titoli dei 300 romanzi che hanno superato la prima selezione del torneo e che, accedendo alla seconda fase, potrebbero vincere la pubblicazione e-book o cartacea.

Sono inoltre state presentate da Sabrina Perucca, Direttore artistico di Romics, le vincitrici del contest d’illustrazione L’Avventura di scrivere, nato dalla collaborazione tra IoScrittore e il Festival del fumetto e dell’illustrazione. Le tre artiste hanno mostrato per la prima volta le bellissime opere legate a 3 dei romanzi vincitori della scorsa edizione del torneo.
Camilla Zaza si è ispirata al romanzo di Claudio Leonardi Leningrado, la congiura dei ricordi (e-book in uscita il 24 maggio), Daniela Calabrese al romanzo di Giuseppina Bertoli Infondate ragioni per credere all’amore, Cinzia Piazza al romanzo di Massimo Piccaluga Il tenore in bicicletta.

Adesso si passa alla seconda fase del torneo in cui i 300 finalisti dovranno fare tesoro dei giudizi ricevuti, sistemare la propria opera, caricarla sul sito di IoScrittore e accedere quindi alla terza e ultima fase del torneo, che si svolgerà dal 19 giugno al 25 ottobre, e in cui i finalisti dovranno leggere e valutare le opere a loro assegnate tra quelle dei 300 titoli selezionati.

Dopo gli eventi IoScrittore svoltisi a Torino nella prestigiosa sede del Circolo dei lettori, a Milano in occasione di Tempo di libri – Fiera internazionale dell’editoria e al Salone internazionale del libro di Torino, l’appuntamento per conoscere i 10 romanzi vincitori è fissato in occasione di Bookcity Milano che si svolgerà dal 15 al 18 novembre 2018.

IoScrittore premia ogni anno le prime 10 opere con la pubblicazione in e-book e a insindacabile giudizio delle direzioni editoriali, almeno uno dei 10 finalisti viene pubblicato anche in formato cartaceo da una delle case editrici del Gruppo editoriale Mauri Spagnol.

Il segreto dei grandi autori. Come si creano “mondi letterari” che avvincono i lettori

Si è svolta sabato 12 maggio, al Salone internazionale del Libro di Torino, la proclamazione delle 300 opere che hanno superato la prima fase del Torneo letterario IoScrittore.

Grande è stata l’attesa e forte l’emozione dei molti partecipanti, arrivati da tutta Italia per l’occasione.

A coronare questo momento si è tenuto un evento speciale: una tavola rotonda, alla presenza di editori, scrittori e librai, dal titolo Il segreto dei grandi autori. Come si creano “mondi letterari” che avvincono i lettori.

In una sala gremita di pubblico sono intervenuti Stefano Mauri, Presidente del Gruppo editoriale Mauri Spagnol, Luigi Spagnol, Vice presidente del Gruppo editoriale Mauri Spagnol e gli scrittori Fernando Aramburu, autore del fortunato Patria, pubblicato in Italia dalla casa editrice Guanda, Alice Basso e Hanne Ørstavik, di cui ricordiamo il recente A Bordeaux c’è una grande piazza aperta.

Stefano Mauri ha evidenziato come IoScrittore, che nel 2013 ha ottenuto il Patrocinio del Ministero dei Beni Culturali, sia una formidabile palestra per gli aspiranti scrittori, anche grazie alla formula per cui chi partecipa come autore con il proprio romanzo è allo stesso tempo lettore e giudice delle opere di altri partecipanti. Un meccanismo che permette agli autori di ricevere numerosi giudizi di lettura e di acquisire importanti suggerimenti per migliorare la propria opera.

Dopo l’apertura di Stefano Mauri ha preso il via la serie degli interventi, tutti altrettanto qualificati e di grande interesse.

Luigi Spagnol, editore italiano della saga di Harry Potter, ha svelato il metodo di lavoro adottato da J. K. Rowling per scrivere uno dei più longevi best seller della storia dell’editoria.

La Rowling, ha raccontato Spagnol, ha dato vita al magico mondo di Harry Potter con la stessa precisione di dettaglio e profondità di ricerca che in genere si usa quando si scrive un romanzo di ricostruzione storica.

Una lunga e meticolosa officina letteraria in cui ogni personaggio è perfettamente a suo agio in un mondo governato solo parzialmente dalle leggi della natura e molto invece da quelle dell’invenzione fantastica.

La saga fantasy di Harry Potter ha raggiunto i lettori di tutto il mondo con tanta forza e tanta credibilità proprio perché è popolata da personaggi memorabili la cui vita è ricchissima di dettagli concreti, anche se non sempre vengono svelati al lettore.

All’intervento di Luigi Spagnol sono seguiti quelli dei tre autori invitati per l’occasione.

Fernando Aramburu, che proprio a Torino è stato proclamato vincitore del “Premio Strega europeo 2018” con il romanzo Patria, ha svelato che il suo segreto per tenere i lettori legati a una storia sta nel creare personaggi fortemente “autentici”, con i quali sia facile immedesimarsi.

Aramburu, da scrittore di grande esperienza qual è, ha anche proposto alcune regole agli aspiranti scrittori presenti in sala:

  • dotarsi di padronanza del linguaggio affinché questo diventi un alleato, e non un nemico nel lavoro creativo
  • essere davvero convinti di quello che si vuole scrivere
  • accettare sempre le osservazioni, soprattutto quelle negative, di chi ci legge.

Hanne Ørstavik, una delle più importanti scrittrici nordiche contemporanee, che ha da poco pubblicato il suo primo romanzo in Italia, A Bordeaux c’è una grande piazza aperta, edito da Ponte alle Grazie, ha dichiarato quanto sia importante per lei trasmettere ai lettori la profonda necessità della sua scrittura.

Una scrittura che vuole investigare le pieghe più profonde dell’essere e che, allo stesso tempo, deve saper far vibrare una storia. Ørstavik ha detto che scrivere rappresenta sempre per uno scrittore consapevole e attento un autentico salto nel vuoto.

Questi i suoi consigli a chi aspira a scrivere un romanzo:

  • seguire sempre la propria necessità interiore e dar corso alla propria ispirazione
  • non esercitare troppo lo strumento dell’autocritica.

Da ultimo Alice Basso, autrice di gialli che hanno per protagonista Vani, l’indimenticabile ghostwriter che ritroviamo anche ne La scrittrice del mistero, il suo ultimo romanzo edito da Garzanti, ha spiegato con molta originalità e freschezza di tono quanto per lei sia liberatorio “romanzare” un mondo professionale che conosce bene perché ci lavora: l’editoria.

Da scrittrice si è trovata dall’altra parte del tavolo, come si dice, sapendo che gli editor non sono maestri severi pronti a correggerti per il solo gusto di farlo, ma degli alleati con i quali migliorare il proprio lavoro.

I suoi consigli agli aspiranti scrittori sono stati molto efficaci e apprezzati:

  • curare la forma, lo stile con cui si presenta il romanzo a un editore, perché la lettera di presentazione e la sinossi sono le prime pagine che vengono lette
  • individuare l’idea forte del libro e scriverla subito in modo preciso e diretto
  • avere fiducia nel lavoro dell’editor. Un buon editor è lo sparring partner di uno scrittore vincente.

La seconda parte dell’incontro ha visto la presenza di importanti protagonisti del commercio librario: Tiberio Sarti (Amministratore delegato di Ubik) ed Eugenio Trombetta Panigadi (Amministratore delegato di IBS). Entrambi, dal lato della loro vasta esperienza professionale, hanno sottolineato l’importanza della lettura per chi voglia diventare scrittore.

A conclusione dell’intensa manifestazione, Sabrina Perucca, Direttore artistico di Romics (Festival Internazionale del Fumetto, Animazione, Cinema e Games), ha presentato le tre vincitrici del contest per illustratori, L’avventura di scrivere, ideato in collaborazione con IoScrittore.

Le illustratrici hanno mostrato le bellissime opere prodotte per l’occasione e ispirate a tre dei romanzi vincitori della passata edizione del Torneo. Daniela Calabrese ha lavorato sul romanzo Infondate ragioni per credere all’amore di Giuseppina Bertoli, Cinzia Piazza si è ispirata a Il tenore in bicicletta di Massimo Piccaluga e Camilla Zaza ha disegnato a partire da Leningrado, la congiura dei ricordi di Claudio Leonardi.

Ma il momento più emozionante della giornata è stato senz’altro quando sono apparsi i 300 titoli dei romanzi che hanno superato la prima fase del Torneo.

A tutti i finalisti va un caloroso “in bocca al lupo”, ricordando che hanno tempo fino al 14 giugno per caricare le loro opere complete sul sito www.ioscrittore.it.

E a tutti gli altri il consiglio più prezioso di IoScrittore: leggete con attenzione e senza pregiudizi tutti i giudizi che avete ricevuto. È un patrimonio prezioso di osservazioni per rivedere la vostra opera e per partecipare al Torneo anche il prossimo anno migliorando sicuramente la vostra prestazione.

Vi aspettiamo a BookCity 2018 per la proclamazione dei dieci vincitori di IoScrittore!

Allena la memoria, aiuta a migliorarsi e… tanti motivi per cui è importante scrivere a mano

Ri-Trascrizioni, la scrittura manuale tra storia, arte e neuroscienze è un progetto per esaltare il valore cognitivo della scrittura manuale. L’iniziativa, nata da un’idea di Antonello Fresu, è già attiva in più città e consiste nell’esporre in pubblico capolavori letterari perché tutti possano trascriverne a mano una parte.

Ma perché è così importante scrivere a mano?

Prima di tutto per allenare la memoria, spiega Gabriella Bottini, docente di neuropsicologia all’Università di Pavia, a Repubblica: “Nello scrivere a mano, lo sguardo è puntato sulla mano che guida la penna sul foglio. La punta della penna è il luogo dove convergono sia l’atto motorio che quello visivo. Se scriviamo al computer, invece, la mano corre sulla tastiera ma lo sguardo è rivolto altrove, al monitor”; e prosegue: “Questa divergenza tra occhio e mano può penalizzare la memoria, perché diminuisce quella che nel gergo dei neurologi chiamiamo integrazione multisensoriale: se riusciamo a mettere insieme in una sola esperienza più stimoli di diverso tipo – visivi, uditivi, motori, tattili, olfattivi – allora i tempi di richiamo dei ricordi, e la loro qualità, possono essere migliori”.

Se ci sono più sensi coinvolti, quindi, i ricordi riemergeranno con maggiore facilità.

È vero, il computer rende più veloci, ma non è detto che la rapidità sia per forza un valore. La scrittura a mano, per quanto più faticosa, costringe a concentrarsi, a selezionare le informazioni e a rielaborarle. Si pensi a una lezione universitaria: moltissimi studenti si impegnano a trascrivere letteralmente al computer la spiegazione del docente, ma in realtà prendere appunti a mano è il modo migliore “per fare propria la lezione, perché dobbiamo pensare a ciò che ascoltiamo, quanto basta per poterlo trascrivere con parole nostre”, dichiara Daniel Oppenheimer, docente di psicologia alla University of California e autore di diversi studi sul tema.

Ma c’è di più: scrivere a mano aiuta a migliorarci“, sottolinea ancora la Bottini, perché senza correttore automatico siamo costretti a mantenere una soglia dell’attenzione molto più alta “mentre l’editing al computer fa svanire nel nulla i nostri errori, come se non fossero mai esistiti. Esponendoci al rischio di ripeterli”.

Fonte: www.illibraio.it