Le dure leggi dell’incipit ovvero: come iniziare un capolavoro

Per l’editor, le prime pagine di un libro sono un test cruciale.

 

Perché nell’inizio del libro l’editor cerca quello che ci deve trovare il lettore. E cerca di capire anche come comunicarlo.

Tra chi legge per una casa editrice e il normale lettore c’è infatti una differenza. Il lettore non è (o non deve essere) consapevole di tutto quello che c’è in un libro (e nel suo incipit): gli è sufficiente abbandonarsi al piacere della lettura. Si potrebbe aggiungere che a volte nemmeno l’artista – l’autore – è del tutto consapevole di quello che ha fatto, e che solo una attenta lettura può chiudere il cerchio.

Invece un editor deve sapere quello che c’è in un testo, per capire se quel testo ha davvero la magia necessaria per conquistare i lettori. Lo deve individuare, utilizzando le proprie competenze, sensibilità, esperienza, fiuto. Deve scoprirlo, riga dopo riga, frase dopo frase, pagina dopo pagina: e per questo ci vogliono curiosità e fiducia.

 

Però la curiosità e la fiducia del lettore non sono infinite: dopo un po’, se non è soddisfatto, il lettore lascia perdere. Smette di leggere. Nemmeno la pazienza dell’editor è infinita: un po’ perché è un lettore anche lui (“Se mi stufo io, si stuferà anche il mio lettore”, pensa).
Se l’attrazione fatale non scatta dopo un certo numero di pagine, molto probabilmente non scatterà nemmeno procedendo con la lettura. Oltretutto i libri che atterrano sulla scrivania di un editor sono decine e decine, e lui (o lei) sta cercando qualcosa di davvero speciale.

 

Per questo le prime pagine sono essenziali: è lì che l’autore costruisce il suo patto con il lettore, è lì che stabilisce le regole del gioco – anche se poi magari può divertirsi a scompaginarle. È lì, in quelle prime cartelle, che deve scattare la magia…

 

Ma allora che cosa cerca un editor, fin dall’inizio, quando legge un romanzo?
Ecco alcune delle cose che un editor cerca: non le troverà tutte, ma se ne trova almeno un paio continuerà a leggere. Anche dopo l’incipit.

 

1. IL PIACERE DEL RACCONTO

 

“C’era una volta…”

 

Siamo affamati di racconto, di storie. Ce le facevamo raccontare dalla mamma o dalla nonna quando eravamo bambini. Ora le andiamo a cercare nei libri, a teatro, nel film. Le troviamo sulle pagine dei giornali (magari nella cronaca nera) e nella Storia, quella con la S maiuscola.

 

Le cerchiamo, da sempre, nei miti. Le storie ci plasmano: plasmano le collettività, ma plasmano anche la nostra identità: l’autobiografia è il racconto di una vita.
Nel XXI secolo, nell’era della comunicazione breve e istantanea, ci fabbrichiamo delle storie persino a partire dai Tweet, e le chiamiamo “storify”.

 

Un incipit, allora, per funzionare deve riuscire a trasmettere questa necessità di racconto – e la necessità di condividere un piacere: perché c’è il piacere di chi narra, e quello di chi ascolta, o legge, o guarda. Quando questi due piaceri si incontrano, allora val la pena di continuare.

 

Ma non viviamo più nel tempo della favole. Il fatale “C’era una volta”
possiamo anche precisarlo meglio: può dare informazioni sull’epoca in cui è ambientato il romanzo, sul luogo in cui si svolge (o inizia) la vicenda, sul protagonista (o su un personaggio). Qualche esempio?

 

“Quando il dottor Richard Diver giunse volta a Zurigo nella primavera del 1917 aveva ventisei anni, un’ottima età per un uomo, l’apice per uno scapolo” (Francis Scott Fitzgerald, Tenera è la notte).
“Era un vecchio che pescava da solo su una piccola barca a vela nella Corrente del Golfo, ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce” (Ernst Hemingway, Il vecchio e il mare).

 

Il tempo, il luogo, il protagonista. A volte è giusto partire così, con queste “informazioni di base”, e poi lasciar fluire il racconto.
A volte, invece, è meglio lasciare al lettore il gusto della scoperta.
Piano piano…

 

2. LA VOCE

 

“Chiamatemi Ismaele.”

 

C’è il racconto. Ma c’è anche qualcuno che racconta, e che si assume la responsabilità del racconto. Dev’essere una voce credibile, autorevole.
Può essere l’autore onnisciente, un narratore che sa tutto dei personaggi e delle loro vicende (o almeno così si presume). È un narratore che si può nascondere dietro l’oggettività dei fatti, fin quasi a scomparire.

 

Al polo opposto il narratore può essere, come nel caso di Moby Dick, un testimone della vicenda che si andrà a narrare “in soggettiva”, o addirittura il suo protagonista. Il lettore vede e vive la storia attraverso la propria esperienza, perché il protagonista comunica quello che sa al lettore man mano che lo apprende, o lo ricorda.

 

Ancora, nel corso del racconto la voce narrante può cambiare: per esempio, l’autore può “delegare” ogni capitolo a un diverso narratore, con il suo punto di vista.
Torniamo ancora per un attimo a Moby Dick: con due parole – gli bastano due parole – Herman Melville inizia il dialogo con il lettore.
Dice subito che è il racconto è in prima persona, e ci verrà fatto da un testimone dei fatti. Ismaele, poi, nella Genesi, Ismaele è il figlio di Abramo e della schiava Agar, e con la madre verrà cacciato nel deserto: è l’esule, il vagabondo…
Ma attenzione! C’è un trucco… Perché Melville non ha scritto “Io sono Ismaele”, ma “Call me Ishmael”, “Chiamatemi Ismaele” (o “Chiamami Ismaele”). Tra la voce narrante e la persona che narra – anche nel caso della più sincera della autobiografie – c’è sempre uno scarto, più o meno grande, una distanza magari piccola, quasi invisibile e tuttavia incolmabile.

 

Nell’incipit, ragiona un editor, devo capire chi mi sta raccontando questa storia. Se la sua voce è credibile. Non devo capirlo necessariamente subito, nelle prime righe: posso anche scoprirlo piano piano, perché magari l’autore ci gioca un po’, con l’identità di chi narra.
Tuttavia la credibilità e la coerenza di questa voce – negli eventi e nelle emozioni che racconta, ma anche nella lingua, nello stile, nel tono con cui li comunica – è un elemento essenziale per catturare la fiducia del lettore, e per far sì che continui a seguire il racconto… anche dopo l’incipit.

 

3. LA CURIOSITÀ

 

“Gregor Samsa, svegliatosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo.”

 

Be’, voglio saperne di più. È solo una fantasia, un incubo? O è la realtà, e Gregor ha davvero subito quell’orribile trasformazione? E poi voglio sapere perché Gregor Samsa è diventato un insetto, e che cosa farà, adesso che si è trasformato in una blatta. Come reagiranno gli altri?
Con una sola immagine, Franz Kafka cattura il lettore della Metamorfosi. È lo stesso meccanismo di curiosità che s’innesta nei gialli: c’è un morto, voglio sapere chi è stato e finché l’autore non me lo fa scoprire, continuo a leggere… (Ma se io, lettore, scopro troppo presto chi è l’assassino, resto deluso.) Li chiamano “page-turner”, i libri che inizi a leggere e non puoi più smettere, perché finita una pagina, la giri subito per capire che cosa succederà nella pagina successiva, perché ti tiene con il fiato sospeso, perché vuoi saper come andrà a finire, perché quell’emozione è così potente che non puoi lasciarla a metà, perché quel ritmo e quello stile ti hanno conquistato e non vuoi abbandonare la danza…

 

4. LA PROVOCAZIONE

 

“Avevo vent’anni e non permetterò mai a nessuno di dire che è la più bella età della vita.”

 

Così inizia Aden Arabia dello scrittore francese Paul Nizan, capofila di tutti gli indignados. È una partenza fulminante, che dà il tono all’intera opera. È una provocazione, uno schiaffo, contro il mondo – e forse anche contro il lettore. La provocazione può respingere qualche lettore, ma per molti altri può diventare una sfida: “Prova a seguirmi su questo terreno”, sembra dire l’autore, “vediamo se ce la fai”.

 

Un altro incipit shock? Quello dello Straniero di Albert Camus. “Oggi è morta mia madre. O forse ieri, non lo so.”
Chi osa parlare con tale freddezza, con tale distacco, di un evento così drammatico e sconvolgente?
La provocazione si può muovere su diversi terreni: morale, politico, religioso, estetico, generazionale… È una sfida al lettore: l’autore gli chiede: “Prova a vedere se indovini chi è l’assassino”, oppure “Prova a vedere se resisti alla paura o all’orrore che provoca la mia storia”, o ancora: “Prova a vedere se puoi sostenere questa verità scomoda, difficile, paradossale”…

 

Quella della provocazione è una strada difficile e pericolosa: non sono pochi gli scrittori che hanno fatto una brutta fine…
Stabilisce un patto difficile con il lettore. Non basta lanciare la provocazione o la sfida: poi bisogna sostenerla per tutto il libro, rilanciare e approfondire, pagina dopo pagina… Bisogna continuare a dare schiaffi al lettore, nella speranza che ne voglia altri…
Se la provocazione regge per qualche decina di pagine, senza sgonfiarsi, allora c’è da sperare che regga per un libro intero…

 

5. LE VERITÀ ETERNE

 

“Tutte le famiglie felici si assomigliano, ogni famiglia è infelice a modo suo.”

 

La frase promette moltissimo, e le pagine che seguono non deludono le aspettative. Perché questo è l’aforisma con cui inizia Anna Karenina di Lev Tolstoj. Da un certo punto di vista, questa potrebbe essere la morale della favola, la conclusione a cui arriva la storia. Tolstoj invece la usa per agganciare il lettore con una verità forse banale, ma a cui nessuno aveva pensato, o aveva saputo esprimere con la stessa chiarezza e sintesi.

 

Anche Jane Austen, in Orgoglio e pregiudizio, punta al bersaglio grosso: “È verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie”.

 

Scrivere un capolavoro, riuscire a condensare il romanzo in una frase memorabile e passare alla storia per il libro e per l’aforisma non è semplice. Ci vuole un genio. Insomma, è una strada difficile, ci vogliono una certa ambizione e gusto del rischio. Insomma, sconsigliato ai principianti.
Ma trovando l’aforisma giusto, ci si può sempre provare…

 

6. MILLE E UNO MODI PER INCURIOSIRE UN LETTORE (E UN EDITOR)

 

Abbiamo visto che in una frase – nella frase iniziale di un romanzo – ci possono stare moltissime cose.
Meglio giocarsela bene. Ricordando due cose: primo, non esiste mai una ricetta precostituita e le regole, in letteratura e in genere nell’arte, sono fatte per essere infrante (con intelligenza). Secondo, che non esiste regola ma bisogna sempre fare la cosa giusta!

 

Inutile aggiungere che nelle poche parole dell’incipit non ci si può inzeppare tutto. Però nelle pagine seguenti si possono – e si devono – mettere molte altre cose. Devono emergere il tono, il ritmo del racconto. Bisogna poter individuare la voce del narratore, il suo stile. Si iniziano a trasmettere emozioni…

 

Un bravo lettore attraversa queste prime pagine, e inizia a capire di che libro si tratta, che reazioni suscita in lui, che curiosità accende…

 

Un editor, poi, tenderà a catalogare il libro con una di quelle etichette che chiamiamo “generi”. Gli serve perché così potrà raccontarlo più efficacemente ai lettori: capisce quale possa essere il pubblico di riferimento, quali possano essere gli antecedenti di successo a cui quel libro può essere accostato, su quali elementi giocare per presentarlo al pubblico.

 

7. L’INCIPIT PIÙ BRUTTO DELL’ANNO

 

Quelli che abbiamo letto, sono gli incipit di alcuni capolavori della letteratura. Però ci sono anche i brutti incipit, quelli che riescono male. C’è addirittura un concorso che premia il peggiore incipit dell’anno. Naturalmente viene assegnato in Inghilterra.

 

L’ispirazione è arrivata da uno degli incipit più celebri della letteratura: “It was a dark and stormy night…”, “Era una notte buia e tempestosa…”, vergata da Edward Bulwer-Lytton, uomo politico e scrittore britannico, nel suo racconto Paul Clifford e resa celebre dai fumetti: proprio con quella frase grottesca iniziava invariabilmente il suo romanzo anche il bracchetto Snoopy, battendo i tasti della sua macchina per scrivere sopra la cuccia, nelle vignette dei Peanuts…

 

Quella frase, che riassume molti cliché, è diventata ridicola. Non è più l’inizio di una romanzo “di paura”: è l’inizio della sua parodia!
(Per i più pignoli, “C’était une nuit orageuse et sombre”, “Era una notte tempestosa e scura”, l’ha scritto anche Alexandre Dumas nei Tre moschettieri… E l’incipit del Nome della rosa, “Era una bella mattina di fine novembre”, come ha confessato lo stesso Eco, è ispirata a Snoopy e dunque Bulwer-Lytton…) Il Bulwer-Lytton Fiction Contest (sito www.bulwer-lytton.com) premia dal 1983 i peggiori incipit inediti, divisi in diversi generi: detective, western, fantascienza, amore eccetera. Sono frasi davvero raccapriccianti, che tolgono la voglia di proseguire. Sono fatti di luoghi comuni, di esagerazioni, di accumulo: concorrenti scimmiottano quegli sono scrittori che vogliono essere efficaci e finiscono per cadere nel ridicolo.

 

Però, se i tuoi colleghi di IoScrittore, dopo averti letto, daranno al tuo incipit un giudizio profondamente disonorevole, traduci la prima frase in inglese e mandala subito alla giuria del Bulwer-Lytton Fiction Contest. E che Snoopy te la mandi buona!

 

IL CONSIGLIO

 

A volte l’incipit – come il titolo del libro – lo puoi trovare quando hai finito di scrivere. E non è necessariamente la prima frase che hai scritto, quando è arrivata l’ispirazione, o quella che c’è a riga 1 di pagina 1, alla dodicesima riscrittura.
Quando hai finito, insomma, non hai ancora finito.

 

Prova a rileggere le prime venti, trenta-cartelle del tuo romanzo.
Forse lì, incastonata nei paragrafi iniziali, c’è la frase giusta: quella che cattura il lettore, quella che condensa il senso del libro, quella che fa scattare curiosità e immaginazione.

 

L’avevi scritta, era la frase giusta per l’incipit, e non te n’eri accorto. E se sei molto pigro, puoi sempre sperare in un buon editor: magari la trova lui.

 

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Dieci regole per scrivere un noir

Di seguito riportiamo un estratto dal libro “Noir. Istruzioni per l’uso” di Luca Crovi, edito da Garzanti (2013):

Elmore Leonard
nel 2010, sollecitato dal «Guardian», pubblicò alcuni consigli di scrittura per i suoi lettori, imbastendo le seguenti dieci regole:

 

1) Mai iniziare un libro parlando del tempo. Se è solo per creare atmosfera, e non una reazione del personaggio alle condizioni climatiche, non andrai molto lontano. Il lettore è pronto a saltare le pagine per cercare le persone. Ci sono alcune eccezioni. Se ti capita di essere Barry Lopez, che conosce più modi di un eschimese per descrivere il ghiaccio e la neve nel suo Sogni artici, allora puoi fare tutti i bollettini meteo che vuoi.

 

2) Evita i prologhi: possono irritare, soprattutto quelli che seguono un’introduzione che viene dopo una prefazione. Queste sono cose che di solito si trovano nella saggistica. In un romanzo, un prologo è un antefatto, e puoi metterlo dove ti pare. C’è un prologo in Quel fantastico giovedì di Steinbeck, ma va bene perché lì c’è un personaggio che centra esattamente ciò di cui parlo in queste regole. Dice: «Mi piacciono i dialoghi in un libro, e non mi piace che qualcuno mi dica com’è il tizio che parla. Voglio immaginarmelo dal modo in cui parla».

 

3) Nei dialoghi non usare altri verbi tranne «disse». La battuta appartiene al personaggio; il verbo è lo scrittore che ficca il naso. Almeno, «disse» non è invadente quanto «borbottò», «ansimò», «ammonì», «mentì». Una volta notai che Mary McCarthy aveva chiuso una battuta con «asserì» e dovetti smettere di leggere e andare a prendere un dizionario.

 

4) Non usare un avverbio per modificare il «disse», ammonì gravemente. Usarlo in questo modo (o in qualsiasi altro modo) è un peccato mortale. Così lo scrittore si espone troppo, usando una parola che distrae e che può interrompere il ritmo dello scambio. In uno dei miei libri si raccontava di un personaggio che era solito scrivere storie d’amore d’ambientazione storica «piene di stupri e avverbi».

 

5) Tieni sotto controllo i punti esclamativi. Ti è permesso di usarne non più di due o tre ogni 100.000 parole. Se poi sei incline a giocare con i punti esclamativi come Tom Wolfe, allora puoi aggiungerne a manciate.

 

6) Non usare mai espressioni come «improvvisamente» o «s’è scatenato l’inferno». Questa regola non richiede una spiegazione. Ho notato che gli scrittori che usano «improvvisamente» tendono ad avere meno controllo nell’uso dei punti esclamativi.

 

7) Usa dialetti e slang con moderazione. Una volta che cominci a compitare foneticamente le parole nei dialoghi e a riempire le pagine di apostrofi, non sarai più in grado di fermarti. Nota come Annie Proulx cattura il sapore delle sonorità del Wyoming nella sua raccolta di racconti Distanza ravvicinata.

 

8) Evita descrizioni dettagliate dei personaggi, come faceva Steinbeck. In Colline come elefanti bianchi di Ernest Hemingway, come sono «l’americano e la ragazza che era con lui»? La ragazza «si era tolta il cappello e lo aveva messo sul tavolo». Nel racconto, questo è l’unico riferimento a una descrizione fisica.

 

9) Non fornire troppi dettagli descrivendo posti e cose, a meno che tu non sia Margaret Atwood e quindi in grado di dipingere con le parole. Non vuoi certo descrizioni che portino l’azione – il flusso della storia – a un punto morto…

 

10) Cerca di omettere le parti che i lettori tendono a saltare. Pensa a cosa salteresti leggendo un racconto: fitti paragrafi che trovi abbiano troppe parole.

 

Infine, dopo aver commentato sinteticamente queste regole, Elmore Leonard ha aggiunto:
 
In realtà, l’unica regola vera che non dimentico mai è quella di rileggere sempre le mie storie. Se mi sembrano troppo scritte e poco naturali, le riscrivo.

Luca Crovi Luca Crovi è l’autore di Noir. Istruzioni per l’uso, edito da Garzanti (2012)

 

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L’incipit, ovvero il primo appuntamento

L’incipit è l’inizio di tutto, da quelle prime pagine tutto comincia. Proprio come succede con il primo appuntamento di una storia d’amore.

Sappiamo quanto i primi appuntamenti possano essere stressanti e pieni di punti interrogativi. Quante volte vi è capitato… Come mi vesto? Di che cosa parlo? Mi vorrà rivedere se gli parlo di questo argomento?
Anche con l’incipit di un libro è così: quante domande e quanti dubbi! Ma niente panico.
Prima di tutto vi voglio rassicurare: se vi state facendo delle domande siete già un passo avanti. Perché se ve lo state chiedendo, già avete capito che di fronte a voi c’è un lettore che dovete conquistare.
Per farlo, ci sono alcune regole semplici che riguardano cosa evitare e cosa, invece, provare a fare.
DA EVITARE
1) Non esagerate con le descrizioni. Ve lo immaginate un primo appuntamento con qualcuno che parla, parla, parla e non smette più? Un disastro!.
2) Anche se il vostro romanzo ha tantissimi personaggi, non descriveteli tutti nelle prime pagine. In fondo è meglio farsi scoprire poco alla volta, no?
3)  Non adottate uno stile che non sentite vostro. Se non mettete mai i tacchi, perché metterli al primo appuntamento? Rischiereste di cadere.
DA FARE
1) Emozionate e stupite. Fatemi provare le stesse sensazioni del vostro personaggio. Lasciatemi a bocca aperta. Come a un appuntamento, scegliete bene che cosa volete che mi ricordi non appena vi darò la buonanotte, perché è quello che mi spingerà a darvi il buongiorno.
2) Scegliete il personaggio che amate di più, meglio se è il protagonista ma non è necessario, e fatemi vedere scene ed eventi attraverso i suoi occhi.
3) Offritemi una sensazione precisa: è su questo che dovete concentrarvi, nelle prime pagine. Perché l’importante, proprio come al primo appuntamento, è la quantità: dovete scegliere cosa tenere, ma soprattutto, cosa lasciare nell’ombra. Sarà il lettore a voler scoprire tutto.
In bocca al lupo!

L’editor 2.0 e gli editor di GeMS

Come vi abbiamo anticipato, da oggi inizia la pubblicazione degli interventi di Oliviero Ponte di Pino (Editor 2.0) e degli editor GeMS: vi accompagneranno in questa nuova edizione assieme ai contributi degli autori del gruppo.
In dettaglio le 3 grandi novità per l’edizione 2013 di IoScrittore:
1) La consulenza e gli interventi di un esperto editoriale come Oliviero Ponte di Pino: per aiutare sempre più i partecipanti a migliorare la loro opera (anche in vista di una futura candidatura alle prossime edizioni del torneo, o di una proposta editoriale presso altri editori).
2) Tanto materiale in più: non solo torneo, ma anche dritte, consigli, suggerimenti preziosi dei nostri editor. Chi sceglie i libri e perché lo fa? Come si costruisce un incipit che colpisce un editore? Come si propone il proprio titolo? 
A cadenza fissa, durante tutto il torneo, gli editor che hanno scovato e lanciato esordi come Il linguaggio segreto dei fiori, Il suggeritore o la saga di Harry Potter spiegheranno “come si fa a pubblicare un libro”.
3) I contributi dei nostri autori: come si rapportano alla pagina bianca un’autrice bestseller come Clara Sánchez o un maestro del romanzo d’avventura come Wilbur Smith (34 libri alle spalle e 233 milioni di copie vendute)? Che tecniche narrative suggeriscono? Come riescono a creare l’effetto suspense? Un patrimonio suddiviso per temi e generi, per trovare subito e al momento giusto le dritte giuste dagli autori più affermati.
Buona lettura e buon torneo a tutti!

Un augurio ai migliori che possano trovare grazie a questo torneo la via per una nuova vita

È partita la quarta edizione di IoScrittore, un torneo che ha regalato ai partecipanti enormi emozioni, ma soprattutto e finalmente molti giudizi di altri lettori impegnati anche nella scrittura. 
Lettori “sconosciuti” eppure più vicini di amici e parenti che quasi invariabilmente danno giudizi positivi superficiali e non molto utili a migliorarsi. Tanto che a ogni edizione opere riproposte dopo un’elaborazione dovuta ai suggerimenti degli altri partecipanti guadagnano mediamente centinaia di posizioni. Contrariamente a quel che qualcuno ogni tanto posta sul blog, questa iniziativa continua a essere sorretta da Gems con spirito pionieristico e cercando di essere più corretti possibile in un clima di fiducia reciproca e di passione per il mestiere editoriale e per lo scouting. 
Nonostante i pur buoni risultati raggiunti da alcune opere giunte alla pubblicazione, il torneo ha costi di gestione piuttosto elevati e comporta per molti di noi un sacrificio extra di attenzione. Anche se siamo dovuti intervenire su diverse aree del gruppo per razionalizzare i costi, come tutti gli editori, su IoScrittore, che per noi rappresenta una porta aperta sul futuro, non abbiamo tagliato. 

Riconosco che c’è un pizzico di follia in questa scienza, ma nel nostro mestiere la ragione arriva fino ad un certo punto. 
Come il primo giorno crediamo che il web dia a tutti diritto di parola e credo che abbiamo dimostrato di aver protetto la libertà di tutti i partecipanti. Tuttavia crediamo altresì che il compito degli editori sia di selezionare il meglio, cercare di migliorarlo insieme all’autore e offrire ai lettori qualcosa che si distingua per originalità, capacità di costruzione, potenza narrativa. Dunque anche se la necessaria selezione delle varie fasi e di ciò che diventa poi un libro è dolorosa, continueremo a farla e a lasciare le direzioni editoriali libere di scegliere in cosa credere e investire. 

I libri imposti non funzionano mai. Una pubblicazione indiscriminata non aiuterebbe i lettori a orientarsi tra i già moltissimi libri pubblicati ogni giorno. Ma quando una direzione editoriale sceglie un libro, poi dà il suo meglio e investe tempo, intelligenza e denaro perché abbia successo, questa è l’unica cosa che possiamo garantire e che chi ha avuto la fortuna di essere pubblicato vi può confermare. 

Del resto non è un caso se su decine di migliaia di titoli che ogni anno vengono pubblicati in Italia oggi abbiamo tre dei primi cinque libri più venduti e tutti e tre sono autori da noi scoperti, lanciati e portati a un successo senza precedenti. 
Fai bei sogni di Massimo Gramellini (che spesso ci ha onorato della sua presenza agli incontri di IoScrittore) è stato il romanzo italiano più venduto nell’ultimo anno; Wilbur Smith con 34 libri portati nella top ten da Longanesi è l’autore più venduto in Italia negli ultimi vent’anni; Clara Sanchez, esordio più venduto nel 2011, è ormai un’amica e ascolta anche i nostri consigli. 

Cercate di capire che non esiste niente del genere né in Italia né all’estero. Non confondete questa iniziativa con le iniziative piacione costruite per fare traffico o per spennare gli aspiranti scrittori o messe in atto da editori che non hanno in realtà alcuna presenza in libreria. 
Finché ci piace, ci appassiona il dialogo con la maggior parte di voi, ci commuove l’incontro a Torino o ad altri festival la nostra follia è premiata e continua, approfittatene.
È un processo meritocratico e se e quando riceverete una proposta di contratto da Gems o dalle sue case editrici è importante che vi rammentiate che lì comincia un rapporto personale e privato tra voi e la casa editrice. Se volete lì termina il gioco e comincia la vostra personale vicenda editoriale.
 
Un augurio ai migliori che possano trovare grazie a questo torneo la via per una nuova vita. 
È già cominciato ad accadere.

Aperte le iscrizioni all’edizione 2013 del Torneo Letterario IoScrittore

Il Gruppo editoriale Mauri Spagnol ripropone anche quest’anno il torneo letterario IoScrittore.
La partecipazione è totalmente gratutita e conduce a una serie di manche che culmineranno nella pubblicazione in ebook di 10 opere finaliste e nell’edizione cartacea del romanzo vincente. 
A tutti gli iscritti è richiesto il giudizio incrociato delle opere degli altri concorrenti, dando così vita a una forma di scouting editoriale nuovo e democratico.
I partecipanti avranno, così, la possibilità di sperimentare il mestiere di editor e, al contempo, potranno usufruire dei giudizi espressi sulla propria opera per migliorarla e cercare di arrivare in finale. Finora quasi l’80% di chi ha ripartecipato ha migliorato in modo considerevole la propria posizione in classifica.
Tra le tante novità proposte per l’edizione 2013 sono previsti: la consulenza di un editor esperto, che sarà a disposizione di tutti i partecipanti, e un sito costantemente aggiornato ricco di consigli e suggerimenti di editor e autori affermati su come scrivere e pubblicare un libro di successo.
Ad oggi sono stati pubblicati 59 ebook e 9 libri; tra questi “Il rumore dei tuoi passi” di Valentina d’Urbano, vincitore della scorsa edizione, ha già venduto più di quindicimila copie.
In questi giorni prosegue la pubblicazione con cadenza settimanale e al prezzo lancio di euro 1.99 dei 28 ebook finalisti del 2012.

Stefano Mauri, presidente del gruppo GeMS ideatore del torneo letterario, dice: 

“IoScrittore è un investimento di lungo periodo. Abbiamo trovato molte nuove voci con le quali stiamo lavorando, libro dopo libro, per trasformarle in autori di successo. Abbiamo investito molto nonostante la crisi ma siamo convinti che i frutti con il tempo arriveranno. Per qualcuno, come Valentina d’Urbano, il successo è già una realtà. Molti aspiranti scrittori hanno potuto migliorarsi e anche comprendere meglio il rapporto che lega editori e autori e quanto lavoro e passione ci siano tra il manoscritto e il libro.”


Buona partecipazione a tutti,
lo staff di IoScrittore

Il Torneo Letterario IoScrittore edizione 2013

È passato un altro anno e una nuova, fortunata edizione del torneo letterario IoScrittore si è conclusa con la selezione delle 30 opere per la pubblicazione in formato ebook e delle 2 per l’edizione cartacea, dimostrando una volta di più la validità di una formula di scouting innovativa, democratica e al tempo stesso attenta alla qualità delle storie, un’alternativa al self-publishing, così in voga di questi tempi quanto sotto osservazione. Il claim del torneo letterario IoScrittore non vuole infatti essere: “Se l’hai scritto, va stampato”, quanto piuttosto: “Se l’hai scritto, va valutato”. È la logica di un torneo completamente gratuito che garantisce la piena libertà degli autori.

Nell’arco di tre anni 3.728 storie sono state sottoposte al vaglio degli stessi partecipanti al torneo che, investiti del doppio ruolo di scrittore e critico, hanno espresso più di 51.300 giudizi mettendoli a disposizione di ogni concorrente. Attraverso due manche e una graduatoria finale – stabilita esclusivamente sulla base dei voti espressi – si è arrivati a 54 opere già pubblicate in ebook, 23 in arrivo nei prossimi mesi e a 6 selezionate per l’edizione cartacea dalle case editrici di Gruppo editoriale Mauri Spagnol.

Anche nel 2013 il torneo rimane perciò invariato nella sostanza: saranno sempre e solo i partecipanti con il loro voto a definire la classifica. Grazie all’esperienza accumulata e ai generosi consigli raccolti sul sito, verranno ulteriormente affinati alcuni meccanismi e, su richiesta degli stessi concorrenti, aumenterà il numero di incipit da valutare nella prima fase. I finalisti verranno pubblicati in ebook e l’opera (o le opere) più convincente avrà la pubblicazione cartacea. Ed esattamente come negli scorsi anni ci sarà anche un premio per i lettori che dimostreranno più spiccata capacità critica.

Per l’edizione di quest’anno sono previste tre grandi novità:

  • La consulenza e gli interventi di un esperto editoriale come Oliviero Ponte di Pino per aiutare sempre di più i partecipanti a migliorare la propria opera anche in vista di una futura candidatura alle prossime edizioni del torno o di una eventuale proposta editoriale presso altri editori.
  • Tanto materiale in più: i consigli e i suggerimenti dei nostri editor. A cadenza fissa durante tutto il torneo gli editor che hanno scoperto e lanciato esordi di grande successo come Il suggeritore, Il linguaggio segreto dei fiori, La biblioteca dei morti e la saga di Harry Potter spiegheranno come nasce un bestseller.
  • I contributi dei nostri autori: in che modo si rapportano alla pagina bianca il re dell’avventura Wilbur Smith, 34 libri alle spalle e 233 milioni di copie vendute, e un’autrice bestseller come Clara Sanchez? E tanti altri interventi di autori importanti del Gruppo.

Con questa iniziativa il Gruppo editoriale Mauri Spagnol intende rilanciare una competizione paritaria affidata alla rete che dia nuovamente luogo a una forte comunità di lettori e di scrittori in grado di dar vita a una sfida letteraria democratica e appassionata. La scommessa ancora una volta è che siano gli autori, nei panni di lettori, ad avere l’ultima parola.

Promotori edizione 2013

Il Gruppo editoriale Mauri Spagnol (GeMS), così denominato in omaggio a Luciano Mauri e Mario Spagnol, fondatori del Gruppo Longanesi, nasce a Milano il 13 ottobre 2005. La holding è controllata al 73,77% da Messaggerie Italiane, appartiene al 23% alla famiglia Spagnol e al 3,23% ad Andrea Micheli.
A GeMS fanno capo al momento della costituzione le case editrici Longanesi, Guanda, Corbaccio, Garzanti, Vallardi, Tea, Nord, Salani, Ponte alle Grazie, Magazzini Salani, Ape Junior, Nord-Sud e R.L. Libri. Nel corso degli ultimi anni il gruppo ha fondato le case editrici Chiarelettere e Duomo ediciones e ha acquisito Bollati Boringhieri e La Coccinella.

Per saperne di più:

www.maurispagnol.it

www.illibraio.it

I libri del Gruppo vendono oltre 12 milioni di copie all’anno.
GeMS, con l’insieme delle case editrici gestite, ha conquistato il terzo posto per quota sul mercato italiano della varia.

È importante ricordare i grandi esordienti di GeMS: Marco Buticchi, Donato Carrisi, Glenn Cooper, Michael Crichton, Roald Dahl, Ildefonso Falcones, Jostein Gaarder, Nick Hornby, Lars Kepler, Paola Mastrocola, Stephenie Meyer, Gianluigi Nuzzi, Benedetta Parodi, J.K. Rowling, Arundhati Roy, Clara Sánchez, Frank Schätzing, Wilbur Smith, Tiziano Terzani, Andrea Vitali.