Appartenendo alla schiera dei fortunati che fanno il mestiere di editor, mi capita tutti i giorni di ricevere decine di manoscritti inediti, italiani e stranieri.
Ogni casa editrice ha un catalogo diverso, e ogni editor sa perfettamente (o dovrebbe sapere) cosa è adatto alla propria linea editoriale e cosa non lo è.
Rovesciando la prospettiva dalla parte dello scrittore, ogni scrittore dovrebbe sapere esattamente cosa sta scrivendo e a chi si vuole rivolgere. Insomma, dovrebbe sapere rispondere senza esitazione alla domanda: “Ma di cosa parla questo libro? Questa storia può interessare a qualcuno?”
Noi italiani, si sa, siamo un popolo di non lettori. In compenso, sembra che moltissimi di noi abbiano la passione per la scrittura e molti hanno un romanzo o una serie di racconti nel cassetto. Ma quanti commettono l’errore di scrivere la storia della propria vita, magari soffermandosi a lungo sulle proprie delusioni amorose? È il caso di ammetterlo: non siamo tutti Malala o Andre Agassi, persone che hanno una vita così interessante o straordinaria che valga la pena condividere con il resto del mondo.
Dunque cosa deve fare un aspirante scrittore?
Per prima cosa, trovare un argomento e un genere che lo appassiona molto, che conosce molto bene o è interessato ad approfondire. Un genere solo, non due o tre: non c’è niente di peggio per un editor (che, lo ricordiamo, è un lettore) di trovarsi in mano un libro femminile romantico, dove però ci scappa anche il morto, perché c’è un terribile serial killer. Chi dovrebbe leggere questo libro, gli appassionati di CSI o quelli di Pretty Woman?
Dopo aver scelto l’argomento, lo scrittore dovrà leggere, leggere, leggere, soprattutto libri di quel genere.
Poi dovrà concepire la storia: l’ideale è scrivere una scaletta, una bozza che poi potrà cambiare nel corso della scrittura, ma serve come spunto per non perdere di vista l’obiettivo, evitare lungaggini o digressioni inutili, rispettare una struttura che deve esserci.
Dopo la scaletta, finalmente, si può cominciare a scrivere. È importante non dimenticarlo: l’incipit di un romanzo e le prime 40-50 pagine sono fondamentali per catturare l’attenzione del lettore e non lasciarselo più scappare.
La mia esperienza mi dice che, se un romanzo non “parte” entro le prime 50 pagine, non partirà mai. L’unica eccezione, per me, sinora è stata la Millennium Trilogy di Stieg Larsson, un capolavoro nel suo genere. Le prime 70-80 pagine del primo libro erano noiosissime. Ma l’eccezione, si sa, conferma la regola…
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