Consigli de ilLibraio.it

Le “lezioni americane” di scrittura di Umberto Eco (e l'invito a non prendersi troppo sul serio)

26 Novembre 2023 |
di
Mario Baudino
"Confessioni di un giovane romanziere" racchiude in un unico volume - alla prima edizione italiana - le "lezioni americane" di Umberto Eco. Dai discorsi sull'interpretazione e sull'intertestualità alle storie pregne di humor e aneddoti: un viaggio dentro il modo di lavorare, le letture giovanili e le ricerche meticolose (e quasi pignole) che hanno sempre preceduto la stesura dei romanzi dell'autore de "Il nome della rosa"

“Ho pubblicato il mio primo romanzo, Il nome della rosa, nel 1980, il che significa che ho iniziato la mia carriera di narratore solo ventotto anni fa. Pertanto mi considero un romanziere molto giovane e, spero, promettente” racconta Umberto Eco nella prima delle sue “lezioni americane”, le Richard Ellmann Lectures tenute per la Emory University di Atlanta.

Siamo, come si sarà capito, nel 2008. E lo humour del semiologo scrittore lo spinge ad augurarsi, oltre ai cinque già pubblicati, molti altri romanzi “nei prossimi cinquant’anni”, che è già una bella sfida. Non è accaduto, com’è ovvio nel mondo nell’anagrafe e non della letteratura, ma intanto i testi scritti e pubblicati originariamente in inglese vengono ora tradotti in italiano – in contemporanea con la nuova edizione di Opera aperta – per La nave di Teseo (con la traduzione di Riccardo Fedriga e Anna Maria Lorusso), col titolo Confessioni di un giovane romanziere, che l’autore stesso dette alle sue conferenze.

Confessioni di un giovane romanziere di Umberto Eco

In esse troviamo ovviamente molti temi noti perché tipici del lavoro di Umberto Eco, per esempio la riflessione non tanto sulla letterarietà in sé ma sull’uso che si può e si deve fare dei testi, magari esemplificato sul rapporto tra lui e i lettori più colti a proposito di passaggi segreti (possibili citazioni, allusioni criptiche, scioglimenti di calembours linguistici), numerosissimi com’è noto in Il nome della rosa, proprio in conseguenza dei rapporti di intertestualità fra un libro e tutti quelli che gli stanno intorno nella biblioteca di Babele – e a volte del tutto arbitrari. Su questo (su dove si situi il limite dell’interpretazione, e come farlo valere) gli argomenti di Eco sono molto interessanti, anche se non “nuovi” nella sua lunga attività di studioso.

Stabilisce con chiarezza un criterio diciamo così di pulizia: l’interpretazione non è infinita.

Riprendendo il suo Lector in fabula, così, ci ricorda che “un testo e una macchina pigra che esige che i lettori facciano una parte del lavoro, cioè è un dispositivo concepito per suscitare interpretazioni”. E citandosi da I limiti dell’interpretazione, ribadisce rifacendosi a Karl Popper che, se pure “può essere difficile decidere se una data interpretazione è buona, o decidere quale fra due interpretazioni dello stesso testo sia migliore, è pero possibile capire quando una determinata interpretazione è palesemente sbagliata, folle, inverosimile”.

Umberto Eco è però anche un maestro dell’aneddotica, sa fare esempi meravigliosi.

A questo proposito ne cita, fra i tanti, uno assai divertente a proposito della Finnegans Wake, il labirintico e complicatissimo ultimo libro di James Joyce, su cui dal ’38, quando uscì, si scatenano senza sosta migliaia di studiosi. Uno di essi, per smontare interpretazioni (appunto) troppo ardite – come quella che ci sia persino un (improbabile) riferimento alla Anschluss, cioè l’annessione hitleriana dell’Austria – “scopre” un’allusione, molto più criptica, a Lavrentij Berija, il temutissimo capo della polizia segreta negli anni del terrore staliniano. Berija era però un perfetto sconosciuto, almeno in Occidente, quando la Wake venne pubblicata: ma ciò non impedì a qualche joyciano di attribuire allo scrittore doti “profetiche”. Eco si diverte: “E ridicolo, certo, ma tra i fan di Joyce si possono trovare cose ancora più ridicole”.

Va detto che qualcosa di simile è accaduto anche tra i suoi, di fan. A proposito di Il nome della rosa, per esempio, un collega tedesco, a quasi trent’anni dalla pubblicazione (secondo Eco, che forse a questo proposito sbaglia un po’ i conti) gli scrive di aver trovato in una libreria di Buenos Aires un volume di Athanasius Kircher (il gesuita secentesco che viene ricordato nell’introduzione per un suo libro anonimo, e immaginario, tracce e citazioni del quale – la vicenda è un è po’ complicata – sarebbero state scovato nella capitale argentina), e gli chiede se non si tratti proprio di quello citato, facendo un corto circuito tra l’invenzione fantastica dello scrittore e la propria lettura diciamo così fattuale o realistica.

Nessuna menzione, invece, per un certo Milo Temesvar, anch’esso presente nell’introduzione al romanzo e indicato come autore di un altro volume chiave per il prologo della storia; è un personaggio inventato di sana pianta, non solo, ma anche nato da una burla internazionale, quando alla Fiera di Francoforte Eco, giovane consulente Bompiani, mise in giro la voce che tutti i maggiori editori si stavano contendendo un esordiente forse georgiano ed esule, a suon di milioni; ci cascarono in molti, se non altro a livello di chiacchiericcio, e pare che Giangiacomo Feltrinelli avesse affermato categoricamente di essersene già assicurato i diritti mondiali. Se parlasse sul serio, o semplicemente rilanciasse la beffa, non è dato sapere. Resta il fatto che da allora Eco dotò questo scrittore fantasma di una biografia e di una bibliografia adeguate, citandolo in certi suoi libri serissimi.

Agli americani non ha però raccontato niente di tutto ciò, forse per lasciare un poco di mistero. Ha parlato della vergine delle liste, invece, offrendo molti esempi tratti dai suoi testi; del modo di lavorare, delle letture da ragazzo, delle ricerche meticolose e quasi pignole che hanno sempre preceduto la stesura dei romanzi. E di cui i lettori in gran parte non si sono accorti. Non è un problema, servivano a lui in quanto autore. Del resto, “se pubblico un romanzo, in linea di principio sento il dovere morale di non elevarmi al di sopra delle interpretazioni dei miei lettori (e anche quello di non incoraggiarne alcuna)”. Il che rappresenta un ottimo consiglio per tutti i romanzieri.

Una lezione di scrittura – e un invito a non prendersi troppo sul serio, almeno in pubblico.

Fonte: www.illibraio.it

Leggi tutto

Libri utili

Scarica gli ebook gratuiti di IoScrittore.

Tanti consigli per migliorare e rendere efficace il tuo romanzo fin dalla prima pagina.

Scarica l'ebook
Scrivere un libro che conquista fin dalla prima pagina: Le strategie di grandi autori bestseller.
Scarica l'ebook