Consigli degli autori

Dieci ragioni per cui un editore rifiuta un libro

di
Oliviero Ponte Di Pino
I motivi per cui un libro non viene pubblicato da un determinato editore sono assai variegati: l’ironico titolo del pamphlet dell’editor americano Pat Walsh promette di elencare «78 ragioni per cui il vostro libro non sarà mai pubblicato». Insomma, non tutto quello che viene scritto arriva in libreria
«Ci sono i rifiuti per inaccuratezza, per insabbiamento o per incapacità. Ci sono i rifiuti per viltà, e quelli per prudenza. I rifiuti ideologici, i rifiuti sacrosanti, le ribellioni all’insipienza o all’arroganza. I rifiuti tecnici, quelli per cause di forza maggiore, quelli elegiaci che vorrebbero ma proprio non possono e già rimpiangono, quelli dovuti. I rifiuti basati su una poetica, o sulla linea di una casa editrice. I rifiuti spiritosi, imbarazzati, balbettanti, insinceri; i rifiuti sdegnati, e quelli che semplicemente dicono: non mi piace.» (Mario Baudino, Il gran rifiuto. Storie di autori e di libri rifiutati dagli editori, Milano, Longanesi, 1991, pp. 8-9)
I motivi per cui un libro non viene pubblicato da un determinato editore sono assai variegati: l’ironico titolo del pamphlet dell’editor americano Pat Walsh promette di elencare «78 ragioni per cui il vostro libro non sarà mai pubblicato» (mentre quelle «per cui invece potrebbe anche esserlo» sarebbero solo 14…). Insomma, non tutto quello che viene scritto arriva in libreria: secondo Xlibris, partner strategico della Random House Venture specializzato in pubblicazioni a spese dell’autore, per ogni libro pubblicato negli Stati Uniti ce ne sono nove che restano inediti (Harper’s Magazine, dicembre 2000). 
Un libro può essere rifiutato perché, semplicemente, «non è abbastanza bello». Oppure perché l’autore «considera la sintassi un optional», o magari perché nella lettera d’accompagnamento esalta eccessivamente la genialità della propria fatica letteraria. Ma anche perché il genere o il tema dell’opera non rientra negli interessi della casa editrice, perché non è possibile trovare una collocazione adatta all’interno delle sue collane o perché è già in programma un titolo simile. Perché viene giudicato di qualità scadente. Perché viene ritenuto scarsamente vendibile o perché è troppo costoso da produrre. O semplicemente perché il gusto dell’editore non entra in risonanza con quel testo. 
Ovviamente le caratteristiche dell’opera devono corrispondere agli interessi culturali e commerciali della casa editrice, oltre che alla sensibilità di chi legge. 
Tuttavia nella miriade di sigle che affollano il panorama editoriale italiano, la possibilità che un «manoscrittaro» riceva una certa attenzione è tutt’altro che remota: in questo settore i cacciatori di talenti, che hanno l’ambizione di scoprire il prossimo mega seller o il futuro Premio Nobel, sono molto numerosi. Inutile avvertire che già una prima occhiata sarà sufficiente a scartare buona parte del materiale che inonda le segreterie editoriali: è semplicemente impubblicabile, da chiunque. Il fatto che un titolo non sia ritenuto adatto da una casa editrice non significa che un altro editore, con caratteristiche e sensibilità diverse, non possa decidere di pubblicarlo, facendone magari un successo. La storia dell’editoria è ricchissima di libri che, scartati da uno o più editori, magari con giudizi perentori, hanno poi trovato il favore del pubblico. Tuttavia non è affatto scontato che quel titolo avrebbe avuto lo stesso esito con il primo editore: uno degli ingredienti più preziosi per il successo di un libro è l’entusiasmo della casa editrice. 

Tratto da Oliviero Ponte di Pino, I mestieri del libro, Tea, Milano, 2008

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