Consigli degli editor

Fare soldi scrivendo libri: ieri, oggi, domani. Qual è il valore di un libro?

di
Oliviero Ponte Di Pino
Nelle puntate precedenti abbiamo visto se e come si possa diventare ricchi scrivendo libri, che cos’è il diritto d’autore e qual è il guadagno di uno scrittore sugli e-book, ora vediamo qual è il valore di un libro.

Nelle puntate precedenti abbiamo visto se e come si possa diventare ricchi scrivendo libri, che cos’è il diritto d’autore e qual è il guadagno di uno scrittore sugli e-book, ora vediamo qual è il valore di un libro.
Un editore tradizionale considerava i costi di produzione (comprendendo magari la traduzione o un certo numero di illustrazioni a colori), il numero di pagine, ma poi il prezzo tendeva ad allinearsi a quello di prodotti analoghi. Del resto, un bravo editor sa come “gonfiare” o “sgonfiare” un testo giocando su corpo tipografico e interlinea, sulla grammatura della carta, sulla gabbia di pagina, sugli occhielli…

Con il digitale, resta solo la fredda oggettività del “conteggio caratteri”, proporzionale al “tempo necessario per la lettura” calcolato automaticamente da molti siti. Allora, si sono chiesti alcuni autori, perché la mia trilogia vichinga di 3000 pagine deve valere quanto un pamphlet di 30 paginette, magari assemblato in automatico da un programma con il copiaincolla? I moderni e-reader consentono di seguire istante per istante il processo di lettura da parte di ogni lettore: il tempo necessario a leggere una pagina, i passi in cui si sospende la lettura, la pagina in cui la si abbandona definitivamente. È dunque possibile offrire forme di pagamento sulla base delle pagine effettivamente lette, e magari promettere un bonus a chi arriva fino all’ultima pagina. Per tener conto delle esigenze dei “cottimisti della letteratura” (e della lettura) ha attivato un meccanismo di “pay-per-page”: «Stiamo operando questo cambiamento per rispondere alla richiesta di autori che ci hanno chiesto che il compenso fosse proporzionale alla lunghezza dei libri e al numero di lettori. Con questo nuovo metodo di pagamento, verrete pagati sulla base del numero di pagine del vostro libro lette dai singoli clienti, la prima volta che lo leggono». Con questa logica, l’autore di un libro di 100 pagine dovrebbe essere pagato la metà dell’autore di un libro di 200 pagine; se il lettore del libro più lungo abbandona a pagina 100, i due autori incasseranno lo stesso compenso.
Un tentativo ancora più radicale l’aveva tentato nel 2000 Stephen King con The Plant, al grido di guerra: “Amici miei, possiamo diventare il peggiore incubo dei Grandi Editori”. Al lettore veniva concesso di scaricare il testo gratuitamente, per pagare un dollaro dopo aver terminato la lettura. King dichiarò che avrebbe abbandonato l’esperimento se i lettori paganti fossero stati meno del 75%. L’autore di Misery non deve morire non ha ripetuto l’esperimento.

Oggi ci sta riprovando la piattaforma openbooks.com, scommettendo sulla qualità dei libri pubblicati e sull’onestà dei clienti, che hanno la possibilità di scaricare il libro gratuitamente, di leggerlo e di pagarlo solo se ha ritenuto la lettura soddisfacente. L’esito è stato analogo: i clienti lo scaricano gratuitamente, forse lo leggono, ma la grande maggioranza non torna sul sito per pagarlo (la Repubblica, 3 maggio 2015).
Questo comportamento non deve però far pensare che gli amanti dei libri siano disonesti, almeno se confrontati ai consumatori di musica e di film: secondo una recente ricerca del britannico Intellectual Property Office, Online copyright infringement tracker survey (5th Wave), vengono scaricati illegalmente più musica, film, programmi tv, videogiochi, programmi che libri. Secondo il direttore della Publishers Association, i lettori preferiscono gli acquisti legali a quelli illegali perché gli e-book sono facilmente disponibili e a un prezzo conveniente: «Fin dall’inizio ci sono stati diversi ottimi sistemi per scaricare i libri, per questo l’editoria soffre meno di altri settori a causa della pirateria. Ma gli editori devono continuare a lavorare per fare in modo che l’attività illegale non privi gli autori dei compensi loro dovuti» (The Guardian, 24 luglio 2015).

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