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Eufemismo: significato ed esempi di una figura retorica molto usata

18 Dicembre 2023 |
di
Redazione Il Libraio
Come funziona la figura retorica dell'eufemismo? Vediamo cosa significa, sia quando viene usato come termine sia quando viene sfruttato il suo meccanismo, e alcuni degli utilizzi più diffusi nel linguaggio di tutti i giorni

L’eufemismo è una figura retorica di utilizzo molto comune, che ricorre in letteratura, ma che è molto sfruttata soprattutto nel linguaggio di tutti i giorni, sia scritto sia parlato.

L’eufemismo consiste nel sostituire una parola con un sinonimo dal significato più attenuato o con una perifrasi che fa intuire il termine in modo indiretto; una delle sue caratteristiche principali è quella di poter essere utilizzata in contesti molto diversi, da quelli che richiedono molta serietà, come quelli burocratici, fino alle situazioni più ironiche e conviviali.

Significato di eufemismo

L’etimologia della parola eufemismo proviene dal greco: si rintraccia nel verbo euphemèo o in alternativa nel verbo euphemì, e ci indica che utilizzarlo sia un modo di “risuonare bene” o di “parlare bene”.

Nel suo utilizzo più comune infatti questa figura retorica funziona sostituendo la parola che si vorrebbe utilizzare con una più debole, in modo da attenuarne l’accezione negativa e adattare il concetto alla circostanza, per risultare meno offensivi e volgari, o per limitare tramite il linguaggio l’imbarazzo o la conflittualità.

La sua finalità principale è infatti quella di rendere i termini scelti più gradevoli al lettore o all’ascoltatore, quindi il bisogno di utilizzarlo dipende dalla necessità di adattarsi al proprio pubblico del momento.

E se da un lato alcune tipologie di eufemismo vengono criticate, perché considerate da alcuni come una limitazione del linguaggio, dall’altro l’eufemismo può anche rappresentare un modo per offrire rispetto a una comunità, a persone che affrontano un momento difficile, o ancora voler comunicare il riconoscimento della drammaticità di una situazione.

La scelta di utilizzare o meno l’eufemismo, e anche l’eufemismo che si sceglie, dipende infatti dal contesto in cui ci si trova, e dimostra da parte di chi parla o di chi scrive la capacità di comprendere la sensibilità del proprio interlocutore.

Per essere efficace l’eufemismo, però, deve essere sviluppato in modo da risultare chiaro e noto a chi ascolta, altrimenti il rischio è quello di incorrere in fraintendimenti. Per esempio, se qualcuno ci comunica che qualcuno è recentemente scomparso, il tono, il contesto, e le informazioni non dette ma condivise conducono chi ascolta a comprendere che la persona di cui si parla non sia effettivamente scomparsa, ma deceduta.

Questa figura retorica ha anche un’altra particolarità: nel linguaggio di tutti i giorni non viene utilizzato solo il suo meccanismo, ma anche, per estensione, la parola che lo indica. Capita infatti, nel caso in cui si voglia enfatizzare una frase, sentir dire “è un eufemismo”, per esprimere che si sta in qualche modo sminuendo il concetto.

Per esempio, un appassionato di lettura potrebbe sostenere “Dire che ho tanti libri nella mia libreria sarebbe un eufemismo”, per indicare che se ne possiedono davvero moltissimi. Oppure, dopo aver sentito dire a un’amica o a un amico che ha tanti libri, gli si potrebbe rispondere con ironia che è proprio un eufemismo. In questa casistica, più che alla sfera della sensibilità dell’interlocutore ci si rifà al suo umorismo.

L’eufemismo ha anche il suo contrario, il disfemismo: in questo caso si sostituisce la parola caratterizzata da un’espressività più neutra da una più negativa, anche in questo caso però con accezione ironica oppure affettuosa. Un esempio è un genitore che con affetto sostiene del figlio che è “proprio una peste!”.

Eufemismo: esempi di uso comune

Come accennato, esistono moltissimi eufemismi riferiti al tema della morte: si declinano verbi come spegnersi, scomparire, passare a miglior vita, andarsene, lasciare, mancare venire a mancare, non avercela fatta ma anche sostantivi come dipartita.

Esistono però eufemismi molto comuni anche in altri ambiti: si sente parlare di brutto male o un male incurabile per non dire cancro o tumore, usare perifrasi come fondo schiena per non usare termini poco eleganti, sfruttare espressioni come levare di mezzo per attenuare da un punto di vista espressivo la violenza del gesto, o ancora sostituire parolacce con alternative edulcorate (incavolarsi).

L’eufemismo può anche essere espresso tramite una negazione: in questo caso entriamo nel campo della figura retorica della litote. Pensiamo al commento “non è un gran che”, utilizzato in situazioni anche molto diverse tra di loro per mitigare il fatto che qualcosa non sia piaciuto.

Ecco le occasioni principali in cui viene utilizzato l’eufemismo:

  • per scrupoli religiosi, morali o linguistici. Si usa una perifrasi, o un sinonimo edulcorato, quando nel contesto in cui ci si trova si preferisce non dire o non scrivere la parola in questione. Per esempio, nella lingua italiana e non solo esistono molti eufemismi relativi a temi considerati “tabù”, come la morte, la sessualità, la malattia, la vecchiaia: “si è spento all’età di 98 anni”, “è in stato interessante”.
  • in contesti formali. Quando si utilizzano registri alti, in contesti burocratici, e in documentazioni dal valore legale, si usano spesso eufemismi, una problematica che contribuisce a rendere questo tipo di linguaggi meno chiari e diretti. Pensiamo a “avere delle riserve”, quando si ha un parere contrario, “interruzione del rapporto lavorativo”, al posto di licenziamento, o, tornando nuovamente al tema della morte, l’uso di “caduti” al posto di “deceduti”.
  • per rispetto della sensibilità altrui. Gli eufemismi sono molto utilizzati nel caso in cui venga posta una domanda e in cui non si voglia rispondere in modo diretto, per non offenderlo si può per esempio rispondere che il cibo non è di proprio gradimento, per non dire che non è buono, o che non è un vestito adatto, quando si vuole far capire che la scelta di indumenti non piace.
  • nel dialogo con i piccoli. Quando ci si rivolge a bambine e bambini è tipico di molti utilizzare un linguaggio addolcito, in cui gli aspetti negativi vengono attenuati, o in cui si utilizzano eufemismi più o meno onomatopeici in sostituzione di alcuni concetti (“popò”).

Fonte: www.illibraio.it

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