Consigli degli editor

La zia Mimì su Plutone

di
Cristina Prasso, Direttore editoriale Nord
Quanti tipi di autori ci sono? Quali spunti fanno parte di un processo creativo? Come nasce l’idea per un romanzo?

«Ho avuto un’idea per un romanzo.» Ecco la frase che ho imparato a temere di più, parlando con un autore. Molto più di: «Ho scritto un romanzo di 1398 pagine» e persino di: «Invece di aprile, ti consegnerò il romanzo a maggio. Del prossimo anno». Eppure sembra una bella frase, no? Risuona di ottimismo, di speranza, di futuro…

Ma poi ci sono autori che, in un tempo variabile tra le due e le sei ore, ti raccontano tutto il romanzo, compreso il fatto che la zia Mimì, novantenne, ha lo sguardo fierissimo, parla con accento barese e indossa un vestito con una stampa a campanule rosa. («Ma… e la zia Mimì?» chiedi tu, mezz’ora dopo le campanule. «Chi? Ah, lei… appare in quella scena e basta.») Alla fine, l’editore è confuso e l’autore è sfiatato. E il romanzo? Inghiottito dal magma.

E poi ci sono autori che, con un sospiro profondissimo, dicono: «… eh, ma non te la posso raccontare, questa idea. No, non si può riassumere, finirei per svilirla. Sappi solo che la storia è ambientata in Inghilterra…» E tu provi a estorcere un personaggio, un’epoca, uno snodo di trama, un frammento di dialogo. Nulla. E, spesso, in nulla finisce anche l’idea del romanzo.

E poi ci sono autori che, da un’ora all’altra, accendono e si spengono idee: «Voglio scrivere un romanzo sugli indiani d’America…» «No, aspetta, se raccontassi di un viaggio su Plutone? Ma con ironia, eh…» «Cosa dici se scrivo qualcosa su Michelino Pizzi?» («Chi è?» chiedi tu. «Mah, un tizio interessante del XVII secolo… Però mi sa che l’hanno già fatto…»)

Ma, per fortuna, ho anche imparato che gli autori hanno bisogno di zia Mimì o dell’Inghilterra, degli indiani o dei viaggi su Plutone.

Ne hanno bisogno perché tutti quegli spunti fanno parte di un processo di elaborazione e di scarto, di scelta e di passione, da cui, prima o poi, emerge davvero un’idea per un romanzo.

Un’idea che non affoga in un mare di parole, di misteri o di originalità; punta invece a un bersaglio preciso, come una freccia cui l’autore imprime velocità e direzione, decidendo come e quando agevolarla o ostacolarla.

Un’idea vera, infatti, prende vita in poche frasi che ne tracciano il possibile percorso. Come? Per esempio così:

«Deciso a vendicarsi della balena bianca che gli ha fatto perdere una gamba, il capitano di una baleniera si mette in caccia dell’animale. Una caccia che diventerà per lui un’ossessione e lo condurrà alla morte insieme con il suo equipaggio e con il capodoglio stesso.»

«Per scagionarsi dall’accusa di aver ucciso un uomo, un professore americano deve decifrare una serie di enigmi che ruotano intorno alle opere di Leonardo da Vinci e che lo porteranno a scoprire cos’è davvero il Santo Graal.»

Tutto qui. Perché, tra il dire e il fare, c’è di mezzo la chiarezza. E, senza quella, la freccia non parte.

Un consiglio pratico: ripassate i romanzi, i racconti (ma anche i film o le serie TV) che avete amato e provate a definire il percorso della loro freccia. Poi pensate al vostro romanzo e chiedetevi: qual è la mia freccia?

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