“Acqua morta” di Michele Catozzi, un thriller tutto veneziano

Rassegna stampa
di
alessandro magno
Romanzo dal ritmo serrato, grazie anche a un uso intensivo e teatrale di lunghi dialoghi riportati senza pause narrative

Acqua morta di Michele Catozzi (Tea, 2015) è il romanzo vincitore della quinta e ultima edizione del torneo Io Scrittore, il grande concorso letterario gestito dal gruppo editoriale Mauri Spagnol, che ha permesso a molti esordienti di arrivare alla pubblicazione, cartacea o digitale, con le numerose e differenziate case editrici del gruppo.

Il prologo si apre a Venezia, nel 1981: una giovane coppia, appartata su una panchina dei giardini della Biennale, a Sant’Elena, viene aggredita. Il ragazzo resta ucciso, la ragazza precipita in un silenzio al limite della follia, che rende impossibile risalire al colpevole, perciò al commissario Zennari non rimane che archiviare il caso.

Più di trent’anni dopo, sempre a Venezia, dalle acque della laguna affiora un cadavere: si tratta di Mirco Albrizzi, immobiliarista molto conosciuto e vittima troppo illustre per passare inosservata. Le autorità vorrebbero archiviare subito la faccenda come suicidio, mentre il commissario Nicola Aldani, incaricato delle indagini, riconosce inequivocabili i segni dell’omicidio. È un caso molto scomodo, e a complicarlo ci si mette anche quel commissario Zennari, ormai in pensione, che pretende aiuto per chiudere una storia ormai dimenticata, l’aggressione ai giardini della Biennale. Nulla avviene per caso, e ben presto le due piste si confondono, intrecciandosi anche al dilagante malaffare politico contemporaneo.

Diciamo subito che la prima, grande protagonista di Acqua morta è Venezia, raccontata come solo un veneziano, sia pure “di terra” come Michele Catozzi (che è nato a Mestre e attualmente vive ad Ancona), può descrivere con passione a ogni lettore che non sia veneziano, e che per questo può rimanere in qualche modo ancorato a quella visione stereotipata della città che viene offerta ai turisti.

Il lettore si ritrova così a seguire affascinato i lunghi percorsi del commissario Aldani, che cammina tra vecchi palazzi nobiliari, molto spesso fatiscenti e disabitati, testimonianze un po’ tristi di uno splendore ormai lontano, che attraversa campielli e ponti che collegano una calle all’altra, e si ferma spesso a pranzare nelle vecchie trattorie dove nessun turista è mai entrato, oppure beve i suoi amati caffè in piccoli locali fuorimano, dove gli avventori comunicano quasi esclusivamente in dialetto.

Aldani è un veneziano che odia i turisti e tutto ciò che li riguarda, che ama sfrecciare nella laguna a bordo del motoscafo in dotazione alla polizia, respirando a pieni polmoni l’aria salmastra che viene dal mare, e che quando torna a casa si rifugia a meditare nell’altana, il tipico terrazzino di legno che sormonta molti edifici di Venezia. Ci fa conoscere anche il pensiero dei veneziani su ciò che della loro città è stato spesso al centro di furiose polemiche, come il transito delle grandi navi in laguna o la costruzione del discusso Ponte della Costituzione, progettato dall’architetto Santiago Calatrava.

Tuttavia, a dispetto del fatto di essere riconosciuta universalmente come un luogo unico e inimitabile, qui Venezia si rivela una città non molto diversa dalle altre nel momento in cui diventa la scena del crimine, soprattutto se un’indagine per omicidio finisce per portare alla luce una serie di illegalità compiute nel mondo economico e finanziario, e tenute accuratamente nascoste per molto tempo grazie alla connivenza degli amministratori locali.

Siamo quindi in presenza di un romanzo molto contemporaneo, ma soprattutto molto italiano, dalle cui pagine emerge una visione non certo ottimista delle istituzioni e dei personaggi politici a cui i cittadini dovrebbero concedere la propria fiducia.

Romanzo dal ritmo serrato, grazie anche a un uso intensivo e teatrale di lunghi dialoghi riportati senza pause narrative, per la sua ambientazione così particolare Acqua morta di Michele Catozzi potrebbe piacere anche a lettori non necessariamente attratti soltanto dalla narrativa di genere thriller.

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