Napoli 1835. È bella Giuseppina, anche se non lo sa, perduta in un’esistenza fatta di soprusi, miseria e lavoro. Una madre invalida da assistere, un padre violento, e due fratelli troppo impegnati a sopravvivere per volerle davvero bene. Il rifiuto di sposare il vecchio e laido farmacista di quartiere, matrimonio che avrebbe aiutato la famiglia, la porterà a essere rinchiusa nel ‘Serraglio’, il Regio Ospizio per i Poveri di Napoli. Un luogo enorme, una città nella città, con regole proprie da rispettare; un territorio dove la giovane donna conoscerà fatica e dolore, ma dove saprà ritagliarsi spazi di comprensione e anche d’amore. Per l’uomo che sposerà, per i loro due figli, per le amiche che l’aiuteranno ad affrontare la pena del quotidiano, per il ‘professore’ che le insegnerà a leggere. Un luogo dal quale sognerà inutilmente per tutta la vita di uscire, alla ricerca di una vita diversa, e soprattutto per vedere il mare, quel mare che è un lontano ricordo d’infanzia, con la sabbia che sembrava «una polvere luccicante e l’acqua che andava avanti e indietro chiano chiano». Una vicenda potente e delicata, una protagonista dalla voce unica, capace di conservare forza e speranza anche nei momenti più duri, che ci parla con la lingua vivida e asciutta di una città unica al mondo, dove speranza e disperazione, obbrobrio e miracolo, dannazione e riscatto sono toni differenti di un’unica, eterna, canzone.