Consigli degli editor

Come si descrive un luogo in modo efficace? (con esercizi di scrittura)

di
Oliviero Ponte Di Pino
Alcuni esercizi di scrittura per dare al proprio libro o racconto "l’effetto di realtà" come i grandi scrittori.

Conoscere un luogo

 

Per raccontare i luoghi, gli spazi, i paesaggi, ci vuole talento, ma è un talento che si può allenare e sostenere.

 

In primo luogo, se si tratta di raccontare un’esperienza, è necessario conoscere.

 

Per conoscere un luogo si possono seguire diverse strade, a seconda del tipo di opera e delle modalità di lavoro. Non esiste una ricetta valida per tutti, si tratta ogni volta di trovare gli strumenti più adeguati.

 

I grandi romanzieri realisti dell’Ottocento come Zola, ma anche molti autori di bestseller, prima di iniziare a scrivere si documentavano minuziosamente (sui luoghi dove intendevano ambientare la loro opera, e non solo). Se dovevano raccontare un processo, passavano settimane nei tribunali, identificavano gli accessi dei detenuti, di magistrati e avvocati, di pubblico e cronisti, studiavano le piante dell’edificio, e magari ne ricostruivano anche la storia. Dunque un grande lavoro di documentazione, assai vicino a quello di un serio giornalista d’inchiesta, che vuole verificare ogni dettaglio.

 

In questa fase, si possono utilizzare anche le immagini, fotografiche o pittoriche. Può essere un archivio utilissimo: consente di immergersi in un’atmosfera, di penetrare un mondo; ed è una miniera di dettagli, cui attingere in caso di necessità.

 

Altri autori, quando decidono di ambientare una trama in un luogo immaginario, prima lo disegnano con cura, in modo da avere ben chiara la disposizione dei personaggi e i loro percorsi. Sono informazioni fondamentali per riuscire a garantire continuità e coerenza alla vicenda, per non obbligare nessuno a percorrere itinerari impossibili.

 

La maggior parte degli elementi raccolti in questa fase non verrà poi utilizzata, ma è indispensabile per sostenere la credibilità del racconto: è possibile far vivere i personaggi nella pagina solo dopo aver vissuto in quelle stanze, in quei paesaggi, solo dopo averli esplorati a lungo. Solo dopo essere diventati padroni della materia narrativa.

 

Oltretutto un’attenzione di questo genere, una padronanza degli spazi e dei percorsi possibili, riduce (anche se non li elimina) i rischi di incongruenze, discontinuità e assurdità narrative. Per esempio, se un autore decide di ambientare una saga familiare, o un romanzo giallo, all’interno di una villa affacciata sul lago, dovrà avere in mente la pianta dell’edificio, la disposizione delle stanze, quello che si può vedere da ciascuna finestra, attraverso quali porte e corridoi si passa da una stanza all’altra.

 

Imparare a guardare

 

Per un autore è prima di tutto necessario documentarsi, raccogliere informazioni, per costruire mondi immaginari che siano credibili, a partire dai dettagli. Può essere un lavoro lungo, e in apparenza inutile, perché solo una parte di essi emergerà poi nella scrittura: ma tutto questo “non scritto” farà parte del sottotesto, ovvero tutto ciò che non appare direttamente nel testo ma che lo rende più ricco, complesso, articolato, credibile. Quella parte della vicenda, quegli aspetti dei personaggi, che ritorneranno a vivere nella mente del lettore: perché la lettura non è mai un gesto passivo, ma è un’attività continua, un lavoro, una costante pratica dell’immaginazione.

 

Chi scrive un’opera letteraria non è un agente immobiliare, e il suo romanzo ci porta in un appartamento, non deve scrivere: “Quadrilocale sito in viale Corsica 45, cucina e doppi servizi, terzo piano con ascensore, terrazzo vista panoramica, cantina e possibilità affitto box. Da vedere”. Deve farci scoprire gli spazi come se entrassimo in quegli spazi per la prima volta e al tempo stesso come se fossero le stanze che abitiamo da sempre. Ogni stanza avrà i suoi arredi, che potranno avere un loro stile, ma anche i suoni e gli odori.

 

Per imparare a raccontare, è necessario guardare e vedere. Chi scrive deve essere curioso. Deve imparare a guardare, a osservare. Deve immagazzinare dettagli e sensazioni.

 

È una dote naturale, ma è anche una tecnica che è possibile affinare, attraverso alcuni esercizi.

 

Una prima serie di esercizi si focalizza sul nostro sguardo. Come guardiamo il mondo che ci circonda? Se usciamo di casa e scendiamo nella strada che percorriamo ogni giorno, il nostro sguardo è una stratificazione di abitudini, ci concentriamo su pochi dettagli, ma abbiamo perso la capacità di osservare e di sorprenderci. Dobbiamo avere la capacità di ritrovare la verginità dello sguardo, la voglia di esplorare.

 

Ecco una prima serie di esercizi.

 

Raccontare un luogo o uno spazio con gli occhi di un altro: un bambino, un vecchio, uno straniero (da dove arriva?), un animale (come vede il mondo un gatto? O una farfalla?)

 

Raccontare un luogo o uno spazio con un unico senso: l’udito, il tatto… Raccontare solo gli odori… E quali sapori?

 

Raccontare un luogo o uno spazio con gli occhi di un architetto, di un antiquario, di un giardiniere… Con l’attenzione di un ladro? Quali saperi, quali competenze? Quale sguardo?

 

Sono alcuni degli esercizi possibili, e se ne possono immaginare molti altri. Un aspetto importante: in ciascuno di questi esercizi è già presente un piccolo nucleo narrativo, l’inizio di una storia.

 

Un secondo gruppo di esercizi può riguardare la capacità di costruire un racconto a partire da un luogo.

 

Lo possiamo fare sia a partire da un luogo che conosciamo molto bene, sia da uno che non conosciamo affatto (per esempio, prendere un mezzo pubblico, come un autobus o un treno e scendere alla decima fermata), e raccontare quel luogo in maniera avvincente. Per riscoprire con occhi nuovi quello che credevamo di conoscere, oppure per esplorare un luogo ignoto. Lo si può fare restando fermi, per scoprire l’anima del luogo o per guardarlo come se fosse un film o uno spettacolo. È anche possibile farlo in forma dinamica, seguendo per un tempo predeterminato un percorso casuale. Anche in questo caso, si accumulano dettagli, impressioni, sensazioni, che entrano a far parte della memoria di chi scrive. E che un giorno, in un contesto completamente diverso, in maniera imprevedibile, potranno riaffiorare nella scrittura. È proprio quello il dettaglio che dà realtà e verità a quella pagina. Sono le magie della memoria e della scrittura.

 

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